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LE USCITE DELLA SETTIMANA

SENZA LE NEWS LA SETTIMANA NON INIZIA!!!
In attesa di vederci tutti sabato a Milano per l’evento di lancio del secondo cartaceo, ecco a voi le nuove uscite di questa settimana, siete pronti???
Buon ascolto!

LUNEDÌ NOTTE – LUNEDÌ NOTTE (@lunedi.notte)

LUNEDÌ NOTTE è il nome del primo progetto omonimo di Alessandro Cianci, in arte LUNEDÌ NOTTE. Oltre all’essere già apprezzato come musicista e conosciuto per le sue collaborazioni con artisti come Giovanni Ti Amo, con questa release ha impacchettato tutte le perle già uscite in questi mesi. Nell’EP troviamo due brani inediti che vogliamo raccontarvi meglio:

FULIGGINE, un brano malinconico che come tema fondante ha quella sensazione di non trovare il proprio posto e sentirsi fuori luogo – come tazzine di caffè dentro una lavastoviglie che va a lacrime. 
Il testo descrive la grossa mancanza di reciprocità dei nostri tempi: sempre meno aultruisti e sempre più autoreferenziali; alla ricerca del sesso e non l’amore; sempre col telefono il mano per sedare la nostre turbolenze interiori. Tutto questo è angosciante, ci avvolge come la fuliggine sui tetti delle case – una polvere sottile che non cambia le cose, ma le ricopre rendendole opache e spente. 

LUCIFERO con MECNA è la canzone – probabilmente – più attesa del progetto, nata da una collaborazione che va avanti da anni tra i due. 
È l’ultima canzone uscita, possiamo dire: una vera ciliegina sulla torta. Lucifero è metafora dell’insieme di quei piccoli problemi che fanno finire i rapporti, e che non li rendono possibili. Il ritornello e la prima strofa di LUNEDÍ NOTTE raccontano questa dinamica in maniera romanzata e accompagnate da chitarre che danno un suono quasi rock al brano. Linee che sono preludio alla strofa di MECNA che non si risparmia: la sua strofa è la solita pugnalata al cuore, con uno stile di scrittura e con sonorità che riprendono molto il mood di STUPIDO AMORE.

A cura di: @kimo.jpg__

NASKA – THE FREAK SHOW (@diegonaska)

THE FREAK SHOW è il terzo album per Naska. Arrivato nell’atteso 2024, anno in cui l’artista tempo fa prevedeva un punto di svolta. La svolta c’è stata: con questo album, Naska è riuscito a consolidarsi tra i maggiori esponenti della nuova wave pop punk italiana. 

THE FREAK SHOW è composto da dieci tracce, che altro non sono che una montagna russa di emozioni. “E mi diverto” è la canzone con cui si apre l’album: basso e batteria molto marcati, chitarroni e testo molto esplicito. Un piccolo spaccato di ciò che è il divertimento per Naska, la voglia di fare una festa continua. 
La seconda traccia è “Scappati di casa (62015)”: 62015 è il CAP di Monte San Giusto, paese in provincia di Macerata dov’è nato e cresciuto Diego prima di trasferirsi a Milano. Questo brano parla della vita di provincia, di quello che si poteva e si riusciva a fare quando c’era poco o niente da fare: la provincia non è per tutti, e lo può capire solo chi è nato e cresciuto lì. 
Segue poi “Berlino”, già uscita a maggio e unico featuring dell’album: è il mémoire di un viaggio con alcuni amici. Ma la memoria si cede al segreto: lo sappiamo benissimo, quello che succede a Berlino rimane a Berlino. 
L’atmosfera carica e anticonformista dei primi brani è spezzata da “Non me lo merito”, prima ballad che incontriamo in questo disco. Qui, Naska si paragona ad un bambino che vuole un giocattolo e, finché non lo ha in mano, distrugge tutto. La narrazione della consapevolezza di non comportarsi nel migliore dei modi con la persona con cui sta, che nonostante tutto lo tratta come dice di non meritarsi. 
Torniamo alla dimensione iniziale con “La mamma di ****”, che scopriamo poi essere Lele: è un brano che parla di una delle fantasie più comuni dei ragazzi adolescenti, ossia avere una tresca con la madre di un amico. La canzone è abbastanza esplicita di per sé, non andremo ad indagare oltre: fateci il favore di dedicare un pensiero al povero Lele. 
“Baby don’t cry” è un brano dalle atmosfere malinconiche, che riesce a mettere in mostra parte dell’essere vulnerabile di Diego, che nasconde dietro ad un’apparenza punk e menefreghista. 
A seguire troviamo “Piccolo”, altro brano estremamente malinconico, all’interno del quale Naska parla a cuore aperto di come si sente. Specialmente dei momenti di debolezza, in cui si hanno difficoltà – per orgoglio – ad ammettere che si ha bisogno di qualcuno in particolare che ci aiuti. 
Traccia dal fortissimo rimando alle sonorità del grunge anni ‘90 è “Corona di spine”, ottava nell’album, che si riaggancia alle prime tre canzoni: a farla da padrone, in questo caso, è un senso ribellione verso un mondo che ti fa sentire sbagliato e una critica a chi non fa altro che sparlare per pura invidia. 
Se avevamo già pianto con “Horror” (presente in “Rebel”), “Horror 2” non è certamente da meno: penultima traccia, parla di un momento di crisi nella relazione che pare essere vicina al capolinea, dove lei ancora si fida ma lui non vorrebbe farla soffrire ancora e trascinarla nel baratro.
 L’album si chiude con “Pagliaccio”, una piccola riflessione sull’impatto che le aspettative degli altri hanno su di noi: come un pagliaccio, deve salire sul palco della vita ed interpretare il ruolo che gli altri si aspettano di vedere, lasciando da parte il proprio stato d’animo e non ascoltando ciò di cui ha bisogno per stare bene.
THE FREAK SHOW è un album molto introspettivo, che tra una serata a suon di gin tonic in discoteca e un pianto nascosto all’interno della propria camera da letto, riesce a farci immedesimare perfettamente nello stato d’animo di Naska.

A cura di: @annariu_

ETTA – 1 2 3 Fuck (@ettadimarcoofficial)

“1 2 3 Fuck” di ETTA è una dichiarazione di ribellione contro le pressioni e le aspettative imposte dalla società. Il pezzo parla della volontà di rifiutare le norme sociali e seguire la propria strada, senza paura di essere ostacolata da regole che non le si addicono. Il ritornello tanto orecchiabile quanto incisivo rimane in testa, ed è accompagnato da una produzione pop-rock vivace e travolgente, che amplifica il senso di sfogo. “1 2 3 Fuck” parla di emancipazione e della scelta di non conformarsi, esprimendo la propria individualità con forza e senza timore. Ma non parla solo dell’artista: nel pezzo, ETTA invita l’ascoltatorə a non accettare passivamente ciò che viene richiesto dalle altre persone, costi quel che costi. È un grido di indipendenza e rifiuto delle etichette, in cui l’artista celebra la libertà di essere se stessɜ a qualsiasi costo. Il tono provocatorio rende “1 2 3 FUCK” un vero e proprio manifesto per chi non si sente rappresentatə dalle aspettative della società. Per quando arrivi proprio a livello, e vuoi mandare tuttɜ a fanculo, conta insieme a ETTA: 1, 2, 3… FUCK!!

A cura di: @issamacivibe

GANZO FEAT UGO CREPA, CARUCCIO – ACQUA E SAPONE (@ganzosuiprati @caruccio_ig @ugocrepa)

Questo fine settimana è uscito ACQUA E SAPONE (non il negozio), il nuovo singolo di GANZO in collaborazione con UGO CREPA e con CARUCCIO, già produttore del singolo.
I 3 ci vanno a regalare una collaborazione molto interessante in cui riescono a far sposare i loro stili diversi in maniera molto coinvolgente.
ACQUA E SAPONE parla di un amore quasi riuscito – ma purtroppo non possibile, a causa delle differenze tra il protagonista e la persona di cui si parla, che è “troppo acqua e sapone” da cui il titolo del brano.
Nonostante abbia un testo un po’ malinconico, dove soprattutto GANZO e CARUCCIO vanno a parlare dei loro problemi con le relazioni, ha un ritmo veloce, rendendo la traccia molto catchy già dal primo ascolto. 
La canzone inizia con una chitarra acustica che poi va a sfociare nel beat prodotto da CARUCCIO con uno stile molto indie pop, che quando incontra il rap di UGO CREPA, crea un connubio perfetto che ti mette voglia di ascoltarla più volte di fila. 
ACQUA E SAPONE è sicuramente una canzone che può accompagnare le fredde e grigie giornate autunnali che ci aspettano quest’anno facendoci stare al “caldo”!

A cura di: @gabriele._zurlo

IPOTERMIA – why??? (@ipoteermia)

Dopo “Polaroid”, Ipotermia torna in grande stile con “why???”
La traccia esplora il tema della tendenza ai comportamenti autodistruttivi: quelli che sai ti faranno male, ma che continui incessantemente a ripetere, incapace di fermarti. Il brano parla della sensazione di essere intrappolato in un circolo vizioso, dove la consapevolezza del male non basta a spezzare le sue catene. Il tutto viene narrato attraverso una sonorità hyperpop, che con i suoi suoni sintetici e ritmi coinvolgenti accompagna l’ascoltatore in questa interminabile lotta interiore.

A cura di: @anxietyat4am

Yasmina – Post Punk (@seeknowyas)

Yasmina è una cantautrice romana classe ‘99. Il suo nuovo singolo “POST PUNK”  si presenta come un progetto dalle sonorità molto interessanti.

L’apertura del brano, per i millennials nostalgici, ricorda i suoni ricercati e malinconici delle band anni ‘90: in particolare la prima chitarra ci ricorda un po’ i Cranberries. Il pezzo poi esplode e ci porta su sonorità DnB e UK Garage: quello che lo rende interessante, infatti, è proprio l’utilizzo di sonorità europee, che appartengono ad una scena underground legata all’elettronica e al contesto dei rave. Non è un caso infatti che Yasmina abbia avuto un discreto successo anche in Francia. 

Se volessimo invece ragionare sul significato del brano,  “Post Punk” è il riflesso di un disagio generazionale, che esprime un senso di smarrimento, lo stesso che prova Yasmina: “Su per giù, queste strutture non ci reggono quasi più” canta, ed è così che l’artista si riferisce al clima politico, economico e culturale  incerto che viviamo quotidianamente. 

“POST PUNK” è il racconto di uno stato d’animo angosciato, della difficoltà di vivere la solitudine perché è quando si sta soli che “ti viene da pensare”. Un brano ben riuscito sia nella forma che nel contenuto e che è un piacere riprodurre.

A cura di: @betta.dmrtns

PUGNI – TUFFO (@pugnimusica)

PUGNI si alterna costantemente tra due mondi: di giorno è psicologo presso una clinica, di notte scrive e compone musica nella sua cameretta. L’album di debutto TUFFO ci apre una finestra sui racconti, i segreti e le paure di chi, ogni giorno, cura i pensieri degli altri.
Una voce delicata ma pronta ad esplodere nei momenti significativi, tra riff concreti e progressioni sempre inattese. Le tracce pullulano di sound atmosferici, beat efficaci e ritornelli accattivanti, legati dalla sincerità dei testi. Le parole si fondono alle melodie, storie di sconosciuti diventano vivide immagini di situazioni specifiche, quasi come una foto ricordo. Si parla di amore, amicizia e di tutte quelle finte preoccupazioni che offuscano la nostra mente, senza riuscire a capire da dove provengano, o quanto meno, perché esistano.
Uno dei tratti più interessanti delle canzoni di PUGNI è la versatilità, a prescindere dalla sfera lavorativa: la sua scrittura è originale, non noiosa né ripetitiva. Le sue parole fluiscono senza troppi intoppi, e le sonorità riescono bene a miscelare insieme il tutto.
Con questo album, PUGNI entra prepotentemente nella scena indie. Il suo ultimissimo concerto è andato sold out e tra gli special guests era presente Willie Peyote, con il quale aveva già collaborato in precedenza nella canzone “Bloody Mary”.
Chissà come ci si sente a tuffarsi in un mare di incertezze, dove l’agitazione è padrona delle nostre vite e delle nostre scelte. Chissà cosa prova uno psicologo davanti ai propri pazienti, a sentire tutti quei pensieri che vengono srotolati e messi a nudo.
TUFFO è la risposta, perciò prendete le vostre cuffie e concedetevi questa seduta conoscitiva.

A cura di: @andreaodelli

MARTE – ON&ON (@stayon.mars)

Torna il rap underground fatto bene grazie a Marte, pupillo della nuova scuola. Dopo i primi freestyle “STAY ON BARS” #1 E #2, esce ON&ON, il suo primo singolo. 
Si riconosce subito la maturità e il lessico ricercato nei testi della giovane rapper con barre taglienti che ti fanno riflettere. Il beat ti fa muovere con la fotta che riesce a trasmettere tramite il flow coinciso, e il sound caratterizzato da un classico boom bap e sample mixati a scratch impeccabili. Si contraddistingue in questo brano anche per la melodia che canta sul ritornello, molto morbida e presa bene. Sicuramente se stai allo skatepark e fai sentire questa roba al tuo bro, dice che spacca e ne vuole di più 😉

A cura di: @brusilre99

COCO, GEENO – MAI PIÙ FORSE (@pizzaboycoco @geeno_parish)

Destino e i suoi “fra”. Ciò che ha dato la spinta giusta per dare alla luce “MAI PIÙ FORSE”, la nuova traccia di COCO, title track dell’album in uscita l’8 novembre. Il pezzo è un manifesto di determinazione e maturità artistica. Niente di più, niente di meno.

COCO ripercorre per filo e per segno le sue origini come artista, e ci racconta di come “Non c’era nessuno / non avevo un piano / solo me, solo le cose che vedevo delle quali però non parlavo”.
La canzone è un crescendo di speranza: parte dagli inizi, passa attraverso i suoi primi risultati ed è super riconoscibile e forte il sentimento che prova nei confronti della sua “famiglia”, ovvero i suoi fratelli non di sangue, amici di una vita.
 
Nella prima strofa è chiaro quanto per Corrado sia motivo di crescita personale fare musica. Coco si racconta oltreoceano a bordo di un Range Rover ma, nonostante ciò, pensando al suo esordio distrugge subito la retorica del “montarsi la testa”: “So quanto mi è costato per avere il mio posto / levo gioielli mentre scrivo, per non dimenticare mai qual è il mio motivo”.
Il suo primo conto in banca semivuoto sì, ma nulla valeva tanto quanto tutte le persone che hanno scommesso su di lui e sul suo potenziale – a partire proprio da Geeno, suo amico per primo, produttore poi.
 
Ci voleva questo pezzo, sconsolato ma con tanto carattere. Quando si parla di sogni c’è sempre chi ci crede e chi invece crede solo al fatto che sia tutto inarrivabile, specialmente quando si parla di arte.
Il brano è espressione di una forza necessaria per andare sempre avanti, sempre oltre, senza lasciare alcuno spazio ai “forse” o alle esitazioni: “Guardo dal retrovisore la strada che ho fatto / non posso fermarmi / ho un destino scritto nelle mani / non posso rimandare a domani”.

A cura di: @niedri.g

generic animal – grigio marrone (@generic_animal)

Generic Animal è il nome del progetto solista di Luca Galizia – un ragazzo poliedrico.
Prende parte al tour estivo di Rkomi come chitarrista e voce di supporto, lavora alla produzione artistica dell’album “Rehab” di Ketama126, collabora al grande esordio di Massimo Pericolo nel brano “Sabbie d’oro”, e compare nelle tracce “Un drink o due” e “Non dormo mai” di Mecna. Disegna anche, infatti il nome d’arte nasce da un piccolo disegnino di un animaletto piaciuto a tutti i suoi amici. Nel curriculum vanta una serie di singoli che lo portano ad essere apprezzato dal pubblico e dalla critica, facendo sì che il numero di album pubblicati arrivi a quattro.
I lavori musicali recenti sono l’EP “Mondo Rosso” del 2023 e la canzone “Bobby Ballad” del 2024. L’11 ottobre è tornato con il brano “Grigio marrone”, che anticipa il nuovo disco “Il Canto dell’Asino” in uscita il 25 ottobre.
 
Per dare una svolta alla propria esistenza, non basta un fortunoso schioccare di dita per poi compiacersi del desiderio realizzato. Bisogna portare a braccetto la Fortuna, strizzargli l’occhio e cercare di averla dalla sua parte mentre tutto accade.
 
Questa voce non è altro che un avviso di un fastidio. “Se mi gira, scappo”, “se mi gira la testa torno indietro”: l’ignoto, ovvero ciò che non è conosciuto, può fare paura, può suscitare un forte spavento. Però, vuoi mettere la soddisfazione di andare oltre il timore e godere del premio? Quello che avremmo considerato già perduto solo perché incapaci di superarci e poter finalmente dire “guarda cosa ho fatto”.
 
Questo assolo di chitarra non è altro che un promemoria: “non ti scordare”.
“Alla fine del giorno sarà già il giorno dopo, avrai fatto altre cose che neanche ricordi. Puoi solo migliorare”.
 
Ogni cosa ha il suo tempo, ma con la dovuta dose di coraggio, tu “abbi cura di me” che io “avrò cura di te anche solo un secondo”.

A cura di: @giorgia.celentano

GIANMARIA – FORMICHE (@ggianmarja)

L’ 11 ottobre è uscito l’ultimo singolo di GIANMARIA. L’artista negli ultimi mesi si è dedicato ad incontri e firmacopie per il suo primo romanzo “stagno”, ed ha pubblicato il singolo “disordine” a luglio. 
Ora invece inaugura la stagione autunnale con FORMICHE, brano che fin dai primi versi ci fa guardare ad un passato indefinito, ad “un vaso di ricordi da seppellire pure oggi”. La mente dell’artista è guidata dal pensiero di una persona amata, che adesso non è più nella sua vita e per cui prova una dolorosa nostalgia. Ricorda i momenti di intimità e dolcezza, alle prime volte con questa persona che, nella fugacità del tempo, viveva in modo quasi distratto. 
Questi pensieri sono immagini vivide anche quando ne emergono gli aspetti più dolorosi, quelli relativi all’abbandono da parte di questa persona che ha lasciato l’artista ferito, con un vuoto da riempire e con un carico di ricordi che lo schiacciano come FORMICHE.
GIANMARIA ci aiuta a guardare dentro ai nostri pensieri e ricordi, nonostante sia difficile e doloroso, ma è un processo fondamentale per capire il reale valore delle nostre esperienze, delle nostre emozioni, e per capire noi stessi.

A cura di: @surprisinglymeowmeow

CIMINI – L’URLO (@ancoramegliocimini)

È tornato a gran voce CIMINI, che venerdì con “L’URLO” ha deciso di farci scatenare e urlare fino a perdere la voce (fidatevi non riesco a smettere di cantarla).
Questo brano vi entrerà subito in testa grazie al suo ritmo dall’energia travolgente, narra di una relazione che, per quanto abbia i suoi problemi, è ciò che più fa star bene: è la cura di cui si ha bisogno per stare al meglio con se stessi. E infatti se nel ritornello troviamo questo focus sulla storia d’amore, nelle strofe essa prende un ruolo di sfondo, lasciando spazio ai problemi della propria vita, le ansie e le aspettative, il sentirsi bloccati nel proprio ruolo, pensare di aver sbagliato e non poter far nulla per cambiare la situazione, tutti pensieri che vorresti cancellare con un urlo per non sentire nient’altro.
I cori in contrasto con la voce del cantante, che si adatta alla perfezione, aiutano a far entrare questa canzone in testa, rimanendo lì attaccata per giorni. 
In sostanza è una canzone che può prendervi e non lasciarvi più, fidatevi… e buon ascolto.

A cura di: @fabiospy

Dov’è Liana – Love 679 (@dove.liana)

«amo ma i Dov’è Liana come li vedi?»
«me li hai fatti conoscere tu mo me li sento»
Così, ormai qualche tempo fa, una mia cara amica mi fece scoprire la band che da lì a poco mi avrebbe svoltato l’autunno. I Dov’è Liana sono dei mega cuccioli: francesi ma cantano in italiano, amano la festa ma non hanno paura di essere fragili.
Il progetto nasce da una serata a Palermo: incontrano una baddie, chiamata Liana, e non la rivedono più. Da lì parte la loro ricerca, di lei, di un sound unico e stra contemporaneo.
Su Love 679, il loro primo album uscito l’11 di Ottobre, fanno una sintesi di tutte le esperienze e di tutte le feste in cui sono stati. È un disco da ballare, da piangere, da tenere sotto in ogni occasione in cui si ha voglia di un po’ di leggerezza. Perché essere giovani oggi è un viaggio: non solo tra i paesi e le lingue nuove da imparare, ma anche tra le preoccupazioni di non trovare mai quello che si cerca, di essere lontani da casa e non avere la certezza di camminare nel tragitto giusto. Allora che si fa? Non ci si pensa e si festeggia, perché questo tempo non ce lo ridarà nessuno.
Quattordici tracce che rappresentano un percorso unico, tra sound elettronici sperimentali e la musica della tradizione house italiana. Canzoni che urlano alla pace, all’amore e ai baci, perché ora come mai di questo abbiamo bisogno.
Presto si metteranno in tour, continuando il loro pellegrinare. Quanto a noi, non ci tocca che blastare questo disco da qui al prossimo incredibile viaggio dei Dov’è Liana.
PEACE LOVE & BACIIIIIIIIII

A cura di: @cecinestpasandrea

ROVERE – 11CASE (album) (@rovereband)

11 tracce, 11case e molti più drammi esistenziali sono la cornice entro cui si inserisce il terzo album dei ROVERE uscito l’11 ottobre. ‘11 case’ è il grido di una generazione non ancora pronta per l’età adulta, è un amaro sospiro di sollievo che ci aiuta a sentirci meno soli nei periodi in cui tutto sembra cambiare.
Grazie a delle linee melodiche contemporaneamente tristi e spensierate, e ad una produzione pop-rock influenzata a tratti dal mondo dell’elettronica, le canzoni riescono ad accompagnarci in un’attenta ricostruzione della trama di una vita ormai passata. Con la consapevolezza di chi, potremmo dire, non può ‘né scendere né salire’, incastrati tra la spensieratezza adolescenziale e le preoccupazioni adulte, 11case ci obbliga a rispondere ad una sola domanda: come ci sono finito qui?

Le prime tre canzoni dell’album ci trascinano sin dall’inizio in una dialettica sonora e testuale tra quelli che potremo definire come i due concetti principali dell’opera: la stasi e il cambiamento. Se ‘passanti’ problematizza la monotonia adulta (‘Adesso che ho 30 anni, la mia vita è come quella degli altri’), d’altro canto ‘fase rem’ ci ricorda la volontà costante di sperimentazione (‘Vorrei ogni giorno una faccia diversa’). Al contempo, la title track ’11case’ tenta di mediare tra questi due poli riflettendo sull’importanza dell’avere una casa. Questo però è proprio il problema: che cos’è una casa? Ma soprattutto, ne abbiamo bisogno? 

‘Ho cambiato 11 case con te e mi sembra tutto una stanza d’hotel’
‘Chiuderò 11 scatole vuote’
‘Ora una casa non mi serve ho un tatuaggio sulla pelle’

Il disco prosegue con altre tre tracce: ‘FUORI ROTTA’, ‘k.o. (featuring DIVI)’ e ‘overthinker’. Questa volta fa da protagonista il senso di smarrimento. Cambiare significa restare uguali, correre sul posto in attesa di coordinate precise da seguire, fronteggiare la solitudine senza smarrirsi nel vuoto. Co-protagoniste di questo universo sono anche le relazioni: reti intrecciate, avvinghiate a più non posso alla nostra quotidianità. Tra i tre brani spicca certamente ‘overthinker’, che grazie alla produzione più elettronica, ci regala un ritornello da cantare a squarciagola ai concerti. 

‘Perché mi prende male sopportare il weekend / Socializzare per scordarmi di te / Lasciarmi andare per lasciarti andare / Per respirare, per dimenticarmi di te / Per dimenticarmi di te’

Diciamocelo, siamo pessimi meteorologi: spesso scegliamo senza provare a prevedere le conseguenze nefaste dei nostri impulsi, non importandoci del tempo che farà domani. Seguendo il filo rosso dell’album e dando un ascolto alle successive tre canzoni, è facile capire quale sia l’unico punto fermo a cui i ROVERE ci consentono di aggrapparci: per tutti i dubbi che potremo mai avere, state tranquilli, senza dubbio ne avremo degli altri. 
‘fermo immagine’, ‘stupido classico’ e ‘forse sì forse no’ (featuring svegliaginevra) ci ricordano che la vita è un autostrada senza autogrill. I testi, come le melodie, si fanno più tristi e la paura di essere noi stessi i colpevoli delle nostre sofferenze si prende la scena.

‘Hai rovinato tutto con me o sono stato io? / Forse sì forse no / ma non ti dimentico per un momento perso / e quel rossetto ancora sullo specchio. / Forse sì forse no / lo sai che odio il traffico / mi fa pensare a noi / ma non sarebbe più lo stesso.’

Gli ultimi due brani – ‘karma’ e ‘via delle fragole’ – ci accompagnano nel migliore modo possibile verso la fine dell’album. La paura del karma e l’impossibilità di ricostruire la propria identità sono i due sentimenti che concludono il progetto. L’outro, difatti, racconta del tentativo di ritrovare i ricordi nella propria casa, tra le vie solcate dai nostri passi migliaia di volte. Il cemento rimane muto e non racconta nulla, i ricordi si sbiadiscono col tempo e il parco in cui abbiamo sempre giocato, ora ospita solo macchine prodotte in serie.

‘Forse è passato tanto / Troppo tempo / E ti ho cercata al parco / Ma ora è un parcheggio / E ho consumato un anno / In un momento / Col senno di poi / eppure riconosco quella via / Se mi perdono per le strade / Cerco casa tua / Perché tu non passi mai’

In una scena musicale che ci propone testi sempre più spavaldi, ‘11case’ è una sincera dichiarazione di debolezza. Un progetto di ricerca di qualcosa di stabile e accogliente (ovvero di una casa) che si conclude nello stesso modo in cui è iniziato: nell’incertezza.

A cura di: @cognomeproibito

GIROTTI – Flegreo (@girottimusic)

Lorenzo Girotti, nato a Pozzuoli nel 2000, in arte “Girotti” ha pubblicato il suo primo EP “Flegreo” venerdì 11 Ottobre ed è composto da 9 brani. 
“[..] ma io non sono Mandela e nemmeno Maradona, preferirei davvero non sentire niente, piuttosto che guardarti e non sentire niente”
Esordisce così nel primo singolo dell’EP “Luci Spente”. Il tono è armonico, dolce, avvolgendo il cuore nell’indie, abbracciandolo con la sua voce tenue e calda e trasmettendo immediatamente un senso malinconico e nostalgico.
In generale l’EP è un racconto nostalgico dell’ amore, delle sconfitte, i dolori e il logorante precipizio che si prova ad amare a non essere ricambiati o andare incontro ad un amore perduto. concluso. 
È un viaggio quotidiano quello proposto dall’artista, dalla città di Napoli, ai posti frequentati con la persona amata e alla malinconia di tornarci soli e di percepire quel sentimento di vuoto che attanaglia il cuore. 
“Polpastrelli” è un inno all’amore, al dolore di averlo perso. Nel testo vengono richiamate metafore come “costringersi a fare la guerra”. Il ritornello è un eco che stritola l’animo “vorrei guardarti negli occhi e avere la forza di odiarti, ma chissà se a quest’ ora mi pensi e perché è così difficile amarsi” 
Il sesto brano “Un altro Giro” ha il testo più sofferto: un io interiore che parla a se stesso, un flusso di pensieri negativi che distrugge le sinapsi cerebrali, che ti porta a pensare al peggio, a non farcela più.
“[..] l’ansia mi divora, e niente più mi tiene carico, a furia di tirarmi su ho spezzato l’elastico, a furia di pensare se buttarmi ho perso l’attimo, è stretta questa stanza per i miei pensieri devastanti, ma non abbastanza devastanti da ammazzarmi, ed è soltanto peggio [..]”

A cura di: @ale.zer0

KILLACAT, Attila – REGGAE BOYS (@killacat_music @attilamuzic)

“Reggae, reggae, ti prego dammene ancora
Qui dicono che è morto ma fra, non c’è storia”
Killacat e Attila stringono un legame, firmando un joint album che rimaneva nell’aria da tempo: Reggae Boyz.
Fuori dalle logiche di mercato, fuori dal tempo e fuori dal DanceHall: il nuovo disco dei due artisti non si pone oltre a nulla, se non alla stessa ispirazione del genere che gli dà il nome.
Una delle poche rappresentazioni del genere in italiano, con pochi featuring e poche derive vicino all’Hip Hop: l’unico artista che in punta di piedi ma con delle barre pesanti si palesa nell’album è Ensi, che si allinea perfettamente con il mood della canzone in cui è ospite, ‘Shotta’s Paradise’.
Un disco che vuole essere una gemma nel suo genere, per amanti e non: le produzioni di Macro Marco e Filomuzik sono perfette per i sound system, per essere ballate e cantate sulla sabbia, sotto il sole.
Un viaggio all’interno del reggae e dell’amore verso questo: Reggae boyz è creato da amanti del reggae per altri amanti del genere, anche futuri.

A cura di: @melpotcosmos

GIUZE – FUORI POSTO (@giuze__)

Giuze è Giusy Capasso, classe 2000. Legata fin da piccola alla musica, grazie alla passione per la chitarra, successivamente accompagnata da quella per la scrittura. 

La sua musica si muove tra indie e indie-pop e vuole esprimere emozioni. Il suo ultimo singolo è “fuori posto”, un brano che trasmette un profondo senso di disillusione, sofferenza e solitudine. Il testo racconta di una relazione fallimentare, che ha lasciato cicatrici evidenti, non solo nel rapporto con l’altro, ma anche nella sua percezione di sé. Il brano apre con una dichiarazione di fallimento, dove la protagonista si sente abbandonata. Frasi come “dammi la colpa dei tuoi problemi se vuoi” mettono in evidenza una dinamica squilibrata, dove la sofferenza dell’altro viene proiettata su di lei. La struttura del testo è basata su ripetizioni che enfatizzano l’ossessione nel pensiero del protagonista, lasciando le parole sospese sulla melodia dolce della chitarra. Il tono del brano è decisamente malinconico, pervaso da un senso di rassegnazione. Il dolore viene accettato e sembra inevitabile, continuando ad aspettare e sperare nonostante la consapevolezza che nulla cambierà.

A cura di: @tiscordardime