COSA CI È RIMASTO A DISTANZA DI UN MESE DALL’8 MARZO
NONUNADIMENO
L’8 marzo si è tenuto a Genova, come in molte altre città d’Italia,il corteo indetto dal collettivo NONUNADIMENO per sensibilizzare la giornata internazionale della donna. 700 persone hanno invaso le strade portando all’attenzione di una città, spesso dormiente, argomenti quali la violenza, il patriarcato e la rabbia.
Per le vie del centro si ballava, si gridava e si rispettava il minuto di silenzio per commemorare tutte le vittime che ora non hanno più una voce. A lungo si è parlato in questi mesi di violenza domestica, ma la retorica spudorata con la quale ci si è illusi di risolvere il problema si rivolgeva sempre alla fatidica frase pronunciata dai vicini: “sembrava così una brava persona”. Non è così e mai potrà essere così, la violenza non può essere mediata e nemmeno giustificata, ma deve essere condannata. La scuola, come le istituzioni familiari dovrebbero essere il primo spazio di condivisione e di dialogo affinché un domani possa esserci una vera e propria educazione al gender.
Il movimento NONUNADIMENO da anni combatte per risolvere l’abbattimento del patriarcato e di una logica consumistica che vede la donna come puro oggetto mercificato, rivalutando così lo schema concettuale e assumendo come unica prerogativa da inseguire “la libertà”.
«Noi siamo state violate, stuprate, insultate, noi che a fine mese abbiamo avuto uno stipendio diverso da quello degli uomini […] Noi senza famiglia, noi abbiamo abortito, noi abbiamo cresciuto figli da sole, noi abbiamo studiato e cresciuto figlie da sole, studiato, lavorato e cresciuto figlie da sole»- queste sono solo alcune delle parole riportate all’arrivo del corteo in Piazza Matteotti.
Nel 2022 parlare di femminismo è diventato rischioso, quasi pericoloso, in agguato vi è sempre il temibile alone dell’esagerazione e del conformismo, eppure c’è ancora bisogno di questo. C’è bisogno di riappropriarsi delle piazze, dei centri antiviolenza, degli spazi per essere ascoltate e accolte. Un riferimento specifico è stato rivolto alla situazione in Ucraina dove a gran voce giovanissime bambine urlavano all’unisono invocando la pace.
La solidarietà di questa piazza ha accolto su di sé anni di lotte transfemministe, negli sguardi e nei loro volti, nei balli sfrenati e nei pugni alzati al cielo c’era la rabbia, quella che per anni le donne hanno dovuto sopprimere per non uscire da uno schema predeterminato di una società patriarcale.
Invece questa piazza ha avuto il coraggio di alzare la voce ancora più forte, e lo fa in un momento fondamentale, non solo in riferimento alla situazione di guerra, ma anche e soprattutto in merito ai recenti fatti di cronaca. Nel Ponente ligure un professore di filosofia stato accusato di violenza sessuale nei confronti di alcuni studenti e studentesse. Il docente era responsabile dello sportello psicologico della scuola e le indagini sono ancora incorso.
Sono state le parole delle giovanissime studentesse e delle docenti a tracciare un mondo possibile, quello in cui le donne possano sentirsi libere di tornare a casa la sera senza il timore di essere seguite, libere di non essere giudicate, né sfruttate, libere di sentirsi sole, ma soprattutto libere di poter scegliere.
Il cammino è cominciato, i passi sono tanti e loro sono marea, quella che non si fermerà mai, ma che continuerà a lottare perché questo mondo possa non solo celebrare, ma anche comprendere cosa vuol dire essere donna.
A tutte le vittime, a coloro che hanno subito violenza, a coloro che hanno provato a denunciare e non ci sono riuscite: non siete sole. Siamo e saremo sempre con voi.