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DEJAVU NEL 2016 CON EX-OTAGO

Marassi: Un album di quartiere

Mi piace tutto degli Ex-Otago, ma proprio tutto: dalle sonorità indie meno sperimentali dei I cani ma meno pop dei Thegiornalisti, dal loro accento genovese al loro frontman che non fa davvero il cantante, o almeno non solo quello. Ha un vigneto. 

Nel 2016 la band è reduce da un disco completamente diverso, un progetto che li ha portati “in capo al mondo”. Decidono così di cambiare direzione, e tornare invece lì proprio dove sono cresciuti, a Genova. 

Nasce allora un album “di quartiere”, lontano dai sogni onirici e dalle sperimentazioni del precedente progetto, profondamente legato alla contemporaneità e che risponde a un bisogno di testimonianza del presente. 

In “Marassi, gli Ex-Otago rifuggono l’idea di fare qualcosa di nicchia, ma senza rincorrere a tutti i costi il mainstream: sposano l’orecchiabile con la quieta banalità del loro quartiere, facendo centro: riescono a raccontarci il particolare, l’autentico, il vero. É un pop “di confine”, che convince proprio perché non ha paura di risultare poco ricercato. 

Piccolo, poco pretenzioso, ma comunque vivido affresco di Genova che pare fatto con gli acquarelli. Attenzione però: non la Genova città di mare e di vicoli già ampiamente cantata, ma il quartiere poco sublimato di Marassi, quello dove la band è cresciuta. 

Il risultato è efficace nella sua schiettezza e nel proporsi di essere nulla di più di quello che é: un album vero, che come tiene a precisare la band è un album che parla a tutti, ma proprio tutti, dalla massaia al ragazzino.

Quattro brani per capire Marassi  (Ma riascoltateveli tutti) 

1. Cinghiali incazzati 

Siamo filosofi operai, faccendieri disperati, cinghiali incazzati

Ora come nel 2016, i cinghiali fanno parte della fauna genovese. 

Il brano invece è un perfetto connubio tra le atmosfere urbane di questo album e la viscerale spinta verso tutto ciò che è naturale della band. È qui che si avverte che questo è, sopratutto, un disco del presente, che parla di persone normali. 

E infatti: il testo è al plurale. A cantare sono gli Ex-Otago, ma in realtà i cinghiali incazzati siamo un po’ tutti noi. 

2. La nostra pelle 

A volte vorrei lasciarmi

Ma non saprei con chi altro andare

Vera chicca di tutto il progetto, è il tentativo ben riuscito di raccontare lesperienza quotidiana, universale e tutta umana dellabitare il proprio corpo. Gli Ex-Otago ci ricordano chi è il nostro primo e vero compagno di viaggio: noi stessi. Anche in questo caso la pelle é “la nostra” e la canzone vuole parlare a tutti. 

3. Mare

Non è sempre vero che si sta meglio in cielo

C’è chi sceglie il mare e continua a nuotare

In un disco su Genova, anche se è Genova Marassi, non può mancare il mare. 

È una nostalgica ballata che si apre con il rumore delle onde, perché la pace vera non si trova in cielo, ma in mezzo al mare. 

Una poesia. 

4. Quando sono con te 

Camminiamo insieme, con un panino e da bere

e tutte queste mutande come ti stanno bene

É la hit dell’album, e il tempo lo ha confermato. 

L’ineluttabilità dell’amore che “corre sotto i vestiti”, immagini perfette nella loro semplicità e la candida ammissione che quando si parla di amore le parole non riescono mai ad arrivare davvero al punto. C’è qualcosa che forse non ha nome, ma ci va bene così.

Una profezia

In una delle interviste su YouTube che ho spulciato per scrivere questo pezzo, trovo Maurizio Carucci, il front man degli Ex-Otago, in piedi, da solo, sullo sfondo di Marassi.

Racconta della necessità di rompere le etichette del mercato e di una musica che arrivi alla gente perché è bella. E poi, in un augurio quasi profetico, spera che lindie non si celi e non si barrichi.

Articolo a cura di Greta Cattaneo (@gre_cattaneo)

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