EEEEEEEEE IL 26 GENNAIO????? USCITO NUOVO SINGOLO “PREGHIERE” ????? RINGRAZIAMO TUTTI GLI ELFI NOI SIAMO STATI: BENEDETTI
E dato che non ho molta pazienza,mentre aspettavo il 26 mi sono riascoltata in loop “Boccadoro”, il suo primo EP.
Boccadoro è una boccata d’ossigeno in montagna dopo mesi nello smog di Milano. Ogni volta che lo ascolto sento qualcosa di nuovo, di fresco, rimane senza tempo. Sembra uscito ieri ma in realtà sono passati quasi 6 anni dal 9 aprile 2018, la data dell’uscita ufficiale dell’EP.
Sette tracce, alcune uscite settimane prima, molte pensate mesi prima e infine tutte raccolte in un unico progetto. Sette tracce, in cui il testo, la produzione e l’interpretazione sono in perfetto equilibrio, ognuna ha il suo spazio e nessuna prevale sull’altra, ma anzi si valorizzano tutte a vicenda. Piano piano mentre le ascolti si intreccia tutto in modo veloce, e si crea un immaginario che se fosse una parte di giornata quotidiana per me sarebbe macchina veloce alla sera ruote sull’asfalto bagnato, camminata testa piena voglia di andare al mare, cuore triste malinconico e leggero, attesa felicità e paura prima di un evento importante.
BAMBINA
Gli occhi di una dea che è una bambina
Scrive forte questa penna secca e curvilinea
Devo scavare il fondo se voglio scalar la cima
Forse stavo meglio prima
Adesso sono solo tra la terra e il suono
Un orologio fermo sa l’ora che tira…
E io qui lo scriverei anche tutto il testo ma mi limiterò alla prima strofa.
Il disco si apre così, con “Bambina”, la prima traccia e anche la mia preferita.
Le parole incastrate perfettamente tra di loro non sono solo virtuosismi o pura ostentazione, sono invece sequenze cariche di significati attenti, necessari per la fluidità dei brani. “Bambina” è una porta d’ingresso perfetta per entrare in Boccadoro, e la sensazione è esattamente quella di entrare a Narnia: il fiato sospeso, la sorpresa, la scoperta.
SHOT
Ho smesso di guardare indietro con la fronte corrucciata
Come mia madre quando parcheggia
Sento un richiamo dall’estero
Un ragazzino magro
Con il sole palleggia
La terra vibra dal centro
E terrorizza l’America
Sarà che ogni uragano c’ha un nome di donna
Un testo ermetico, quasi un freestyle. Tre strofe, niente ritornello, un beat pungente. Non che non l’abbia già detto, ma è veramente una penna magica quella di Irbis. Nei testi entra tutto quello che suona bene, senza rispondere schemi di rime rigide, e il risultato è una carezza per le orecchie, e la pelle d’oca.
FINORA
Ci mettevo il minimo e di meno non potevo
Mi fottevo con le mie mani, salto a piè pari
Novanta secondi, la tosse che ti libera dall’acqua quando ti è andata di traverso, il pus dopo un’infiammazione che brucia forte ma che sta guarendo.
Qui qualcosa fa male, anzi fa male tutto: guardare indietro, andare avanti e anche stare fermi. Se fa male tutto, allora tanto vale andare avanti.
TU YA NO ME QUIERES
Voce flebile
Sei dell’oceano
Parleranno di noi
Anche quando non ne avremo voglia
Le storie esistono anche quando vorremmo evitarle. Ci vengono strappate di mano perché quando finiscono non sono più nostre, e ci vengono riconsegnate nei momenti più inappropriati. E quindi stiamo sempre in difesa, aspettiamo l’attacco anche se speriamo non arrivi mai.
Un passo in là
Non mi assillate
Ho preso il largo
Il mio equipaggio
Mette il cuore
Sottochiave
Tutto chiaro
Se non mi sembrava giusto urlavo
Capita poche volte che la testa vinca sul cuore.
E comunque anche io a volte ci tengo a foto per far vedere che sono serena, che la corsa la finirò solo sui miei piedi e senza ginocchiere. Se vorrò vino, chiederò.
FELINA
Non censurerò mai le emozioni che sento davvero
E se mi credi folle vieni a casa mia, che te lo insegno
I miei fratelli faranno carriera usando il loro ingegno
E nulla di quello che abbiamo avuto è caduto dal cielo
Finalmente si sta un po’ meglio, niente più compromessi nella ricerca dello stare bene, si prosegue con agilità e passo felpato.
Le zampe, le unghie e gli artigli tornano spesso nei pezzi di Irbis, felino per antonomasia. Si sa che i felini sono indipendenti, sono forti ma precisi, sono agili e soli, hanno orecchie sensibili ed escono spesso la notte, e le vibrisse sono sensibili abbastanza per potersi muovere al buio.
UNA TOSSICA
Dai a un uomo ciò che non si aspetta nemmeno che esista
Dei miei sedici ricordo solo un’eclissi
Qui vi devo dire la verità: non ho ancora capito bene il pezzo. A volte capita che alcune canzoni le capisco solo dopo tanto tempo, quando sono più sensibile a quello di cui si parla perché mi serve trovare delle risposte, e allora anche il mio sguardo è diverso. Intanto me la ascolto, mi piace tanto, qualche frase mi risuona, percepisco un dolore di perdita, di cambiamento e di fastidio, anche se faccio fatica a ricostruire il puzzle completo. Probabilmente capirò quando avrò qualche anno in più, forse.
GHIACCIO
Ustionarsi col ghiaccio
Bruciarsi per sempre
[…]
Riempimi la bocca
Di ciò che non ho coraggio
Di dire
A me
In chiusura, “Ghiaccio”.
Pochissime parole, lentissime, che per come sono cantate sembra possano esplodere da un momento all’altro. Dolore forte, tristezza e speranza, rassegnazione, caduta libera.
Ghiaccio in lastre sottili che si sciolgono al caldo o che si frantumano se qualcuno le calpesta con forza, ma anche ghiacciai enormi tanto da formare un continente intero o da far affondare le navi, oppure ghiaccio tanto piccolo e lavorato da entrare nel bicchiere e raffreddare l’estate. Ghiaccio, ma sempre acqua al freddo.
…
Ho riascoltato l’EP tante volte, ma questa volta ho guardato tutto più da lontano, e mi viene da chiedere: “Boccadoro” è forse la strada che si percorre dopo una storia finita? O sono solo tante storie d’amore?
Ci penserò. Rimane uno dei miei EP preferiti.
A cura di: @marshmelllows