Impattavamo in Giorgio Quarzo Guarascio, in arte Tutti Fenomeni, nel 2017, con l’indimenticabile “Per quanto ti amo”, il brano portava alle nostre orecchie l’ormai ex membro dei Tauro Boys come un trapper poco impegnato e decisamente ironico. Fuori dalle righe ed estremamente melenso (Bisogna essere molto innamorati per cancellare Tinder) riconosciamo in lui la capacità di schernire la trap sapendola fare bene.
Arriviamo al 2020, prima che tutti ci chiedessimo dove fosse Bugo, esce “Merce Funebre”, il primo album ufficiale di Tutti Fenomeni, nato dall’incontro con Niccolò Contessa de I Cani, che ne cura l’intera produzione. Questo album è stato osannato dalla critica musicale underground come l’uscita più innovativa del periodo, ed io lo trovo rivoluzionario e mai banale ancora oggi. Per questo non vedo l’ora di fare questo salto nel tempo, di riscoprire la visione del mondo di questo artista capace di muoversi tra l’impegnato e l’ironico, tra la critica e la critica della stessa. Un album così pieno di spunti da sembrare un brainstorming su una lavagna, in cui ogni riferimento che potrebbe apparire casuale prende vita sopra la produzione di Contessa, facendoci prendere bene tra le più risonanti citazioni storiche e filosofiche.
Marcia funebre
Il terzo movimento della Sonata per pianoforte n. 2 in si bemolle minore di Fryderyk Chopin, comunemente chiamata Marcia funebre. Viene scritta dal compositore per raccontare il mesto periodo della separazione dalla fidanzata. L’aggiunta delle voci lugubri intensifica l’idea di funerale, piuttosto che della tristezza. Inizia da questo breve intro a mostrarsi la natura tragicomica dell’artista, che scrive spesso canzoni d’amore ma vendendole sottoforma di opera intellettuale, attraverso una penna che si arroga il potere di giudicare il resto della scena musicale italiana. Inizia così il nostro viaggio…
Valori aggiunti
“Voglio vivere solo i giorni lunghi
E comunicare solo coi gerundi
Voglia di uccidere persino i defunti
I poeti morti ti spezzano il cuore”
Chiaro riferimento nei synth e nel vidoclip a “Enjoy the silence” dei Depeche Mode, è un brano che celebra ironicamente la gioia di vivere scagliandosi contro i poeti contemporanei. Cantando frasi come “Voglio incidere solo dischi brutti, così sarò sicuro di piacere a tutti”, la citazione a “Fiori del male” “Demoni alla porta baby, facci entrare” della Dark polo Gang, oppure le lodi agli uomini primitivi, gratificati con gli aggettivi dai poeti vivi, Tutti Fenomeni esprime il suo pensiero su come la musica sia estremamente semplice ed imitabile. Attraverso un collage di immagini colte accostate a meno dotte ci porta a comprendere il suo intricato pensiero sul panorama musicale.
Metabolismo
“Siamo tutti creativi, siamo tutti timidi
Viscidi burattini si fingono senza fili
Siamo tutti regine, cellule innovative
Per vecchie malattie”
Per la biologia: il complesso delle trasformazioni chimiche che assicurano la conservazione e il rinnovamento della materia vivente. Per noi “Metabolismo” è un brano dal suono vintage e ricercato che esprime il concetto dell’unicità dell’essere umano in quanto timido artista. Ogni creativo è una cellula di un organismo utile al rinnovamento o l’impressione di avanzamento. L’artista sembra, in alcuni versi, osannare come regine le cellule del sistema e un secondo dopo ricordargli come la razza umana sia vittima di “vecchie malattie”, ossia difetti di natura, che nemmeno l’avanzare del progresso potrà eliminare.
Mogol
“Ti dedico tutti i miei gol
L’infinito non l’ha scritto Mogol”
Ed eccoci al mio brano preferito d’amore che apprezzo per la base minimale, il suono fluttuante e regolare a metà brano viene distrutto da suoni elettronici, per culminare in una voce completamente distorta. Questa scelta musicale da l’idea dello stordimento che un forte innamoramento può provocare. Tutti Fenomeni giustifica il brano come una questione generazionale: i miti di suo padrenon hanno scritto grandi sonetti come “L’infinito” di Leopardi, eppure c’è sempre uno svilimento della musica di oggi da parte delle generazioni precedenti. Ma si sa che “L’erba cresce, più verde di quella del vicino che si innervosisce”
Reykjavik
“Stare insieme a me è poco produttivo
Non vuoi dedicarmi un altro pomeriggio”
Il desiderio di tornare ad un momento migliore della propria relazione raccontato attraverso una lente ironica, benevola in certi momenti e dispettosa in altri. In questo brano l’artista ammette le sue colpe, i suoi difetti ed errori. Chissà se Giorgio sta ancora valutando l’idea volare indietro fino alla capitale islandese per riprendersi quei bei momenti.
Diabolik
“Mi fai provare così tante cose
Allo stesso tempo, allo stesso tempo”
Una delle passioni di Tutti Fenomeni è il calcio e questo è il brano che ne contiene più citazioni. Dal ritmo ripetitivo ma mai banale, inizia come brano dal ritornello romantico per poi aprirci a nuove chiavi di lettura. Una di queste esplora l’idea della massificazione della cultura: “la spazzatura assume immagini sempre più nitide, tu mi fai cambiare volto come Diabolik”, “Mediocri governano la nostra estetica”; Attraverso queste frasi vediamo un artista piegato dall’abbassamento del livello culturale odierno, in cui anche la spazzatura viene riconosciuta come arte, e forse solo l’amore, girandogli il capo, gli farà cambiare volto davanti a ciò.
Hikmet
“Io mi immolerò per te
E nel momento stesso in cui ti afferrerò
Sarai inaccessibile”
I synth regnano accostati al testo che prende spunto da “Sei la mia schiavitù, sei la mia libertà” sonetto del poeta turco Nazım Hikmet. La poesia viene scoperta dall’artista in giovane età edichiara che questo sia per lui il brano più bello del disco. Un desiderio di leggerezza viene seguito dall’avvicendarsi di un futuro più oscuro, è chiaro nei riferimenti a “Le nozze di Figaro” e della “Carmen” nei versi “Non più andrai, farfallone amoroso” e “L’amore è un uccello ribelle”, che entrambi contengono un avvertimento. Proprio come un poeta descrive il mondo usando chiavi comprensibili solo alla sua anima, così Tutti Fenomeni canta l’amore in un modo diverso da chiunque altro.
Filosofia
“L’unica filosofia che studi sono i milioni in banca di Jovanotti”
Il livello musicale si alza al massimo con la produzione di “Filosofia”. La voce tiene il tempo ed è impossibile non immaginarci i protagonisti di un film fermo ai titoli di testa. È con questa presa bene che ci addentriamo nella visione pessimistica di Tutti fenomeni, che ci giudica tutti. Artisti filosofeggiano, che se non avessero studiato sarebbero più simpatici, quando in realtà il grande obiettivo di ogni artista è avere il conto bancario di Jovanotti.
Marcel
“Qui c’è odore persistente
Di quel tipo di ambiente
Vorrei trovare un sinonimo
Ma mi viene proprio borghese”
I libri di Marcel Proust accanto al bidet, leggerezza, produzione cinematografica: Torniamo come in “Filosofia” a guardare dall’alto in basso le abitudini radical chic, le convenzioni sociali e l’ambiente borghese. Il ritornello è accompagnato da un sax, ciliegina sulla torta del pezzo.
Qualcuno che si esplode
“Sto ancora aspettando qualcuno che si espone
Brindiamo alla mia e alla tua generazione”
Uno dei brani più iconici di Tutti Fenomeni, ancora nell’attesa di qualcuno che si esponga, o meglio esploda, un kamikaze che rivoluzioni il panorama musicale. La canzone inizia con la citazione dell’incipit dell’Iliade Omerica “Cantami o diva dell’ira funesta” (intercalare usato anche da Battiato nella sua “Cuccurucucù”). L’ira funesta in questo caso appartiene ad un eroe non ancora identificato, ma che possiede la forza del Pelide Achille e la pazzia di un fanatico religioso, per interrompere la ciclicità della cultura, generazionalmente radicata e rimasta invariata da anzi tempo.
Trauermarsch
“Leonardo Da Vinci era molto rock
Mentre Caravaggio era più tipo un rapper
Anche Mozart ha fatto pop
Enrico Fermi non ha fatto lettere”
Dal tedesco “marcia funebre”, il disco finisce proprio come è iniziato, con una marcia che accompagna un funerale. Molte le idee su chi, o cosa, possa essere l’agnello sacrificale copertina del disco: La morte dell’It-pop preannunciata proprio da Contessa? La morte culturale di questa povera Italia? Poco importa! Questa musica non è stata fatta per dare risposte ma per generare pensiero, per aprire a nuovi interrogativi, ma senza scavare troppo. Alla fine, per quanto cerchiamo di scappare da questa definizione, la musica rimane un prodotto, merce che da pura arte viva diventa oggetto inanimato, morto sulle note della nella marcia funebre dell’industria.
Articolo a cura di: @annasp.o
Grafica a cura di: @ninaserpi
Photo credits: @giupa5 @liliana.no @ilariaieie