AMA LE PAROLE
Quando venne fuori la notizia che Spotify avrebbe pubblicato assieme ad ogni canzone anche il relativo testo, mi ero ingenuamente permesso di perculare Anna Pepe affermando che per lei sarebbero stati “cazzi amari”, immaginando un mondo in cui gli ascoltatori, una volta venuti a confronto con i testi della rapper, avrebbero iniziato a dubitare del suo valore o quantomeno si sarebbero resi conto del vuoto cosmico che quei testi trasmettevano e trasmettono. Anna Pepe è attualemente top 5 in fimi* da circa 40 settimane. Non è certo la fimi, per fortuna, a misurare il valore degli artisti. Piuttosto è utile a dargli un prezzo, come in un indice di borsa. I testi invece, essendo il rap il cugino fattone del cantautorato, potrebbero avere un certo peso nella caratura di un artista. Dunque pochi, pochissimi, scrivono bene come Carlo Corallo e pochi, pochissimi, riescono a meritarsi e mantenere un pubblico come Carlo Corallo.
TI SENTI UNA FORMICA A MILANO?
Con una valigia di cartone piena di rime e belle speranze inizia il viaggio di Carlo Corallo. Spostarsi dalla provincia più a sud d’Italia alla metallica, sudicia e fredda Milano sembra un’odissea.
Se sei un musicista poi, la metropoli guadagna quel sadico potere di metterti in soggezione ed ignorarti contemporaneamente. Insomma: “non conti un cazzo ma da te ci aspettiamo sempre qualcosa”.
Corallo, che ha due barre così e che sa che a Milano lo aspettano delle orecchie tutte nuove non si lascia certo scoraggiare. Si è sentito una formica si, fin quando non si è accorto di aver raccolto abbastanza scorte da poter sopravvivere alle altre cicale Milanesi.
3 BRANI PER CONOSCERE Carlo Corallo
Tornare a casa
Chissà se continui a fare il bagno di notte
Con l’amica di vita con cui condividi i vinili di Coltrane
E dividi i cocktail, quella che urla forte
Poi delusa chiede scusa ed è come se nulla fosse
Voi due sbronze, in mare, come lamantini
A fare lacrime dagli occhi come lavandini
Barocco
Gli amori estivi fanno il loro corso
Da definire onesto più che senza sforzo
Che la durata naturale di un matrimonio è quella del viaggio di nozze e loro forse divorziano all’equinozio
Ma con il sorriso in volto sul 75 che dirige all’aeroporto
E allontana da quella cornice, lui resta di sfondo
Lei gridando si alza dal posto
E dice: “Sono giù” ora vuol dire che sono felice
Un medico mi ha fatto ammalare
Tu mi togli il sonno, killer serale
Quando la luna è pallida come una palla da non imbucare
Scrivere di te fa male, ma mi scioglie stanotte
Estrarre le parole è come estrarre le pallottole
CAN’T AUTORATO
È il paradosso della provincia a rendere originale l’arte di Carlo Corallo.
Quel paradosso per cui l’isolamento è tale da farti sentire non più in solitudine ma in completa libertà. Gli stimoli che percepisci sono diversi da quelli di tutti gli altri, le tendenze che spopolano nei centri d’arte più frequentati non ti contaminano. Sei puro, solo si, ma libero di creare qualcosa di originale.
Da mamma Ragusa infatti Carlo eredita la bellezza naturalistica, incontaminata. Quella dei paesaggi, del mare, dell’orizzonte più a sud di Italia. Quella del primo disco: “Can’t Autorato”. Sarà poi Milano ad ”urbanizzare” la sua scrittura, forse a renderla più accessibile, più violenta ed in qualche modo più vera per noi altri.
SE TI PIACE Carlo Corallo
Adorerai Caparezza, Kendrick Lamar e Dutch Nazari.
Aspetta, Non stiamo certo affermando che tutti questi artisti siano sullo stesso piano, non spetta di certo a noi dirlo (sempre che esista un piano su cui poggiare tutti gli artisti). É evidente però che questi tre maestri condividono tutti una grande passione: posizionare le parole nel modo più geniale e significativo possibile. Non si può dire che il nostro Carlo si da meno. In una scena rap contenutisticamente precaria, fatta di Flow belli ma che non vanno da nessuna parte, c’è ancora chi avvalora il linguaggio e, senza appesantire l’ascoltatore, ne ricava un valore assoluto. Può essere giusto a volte scrivere dei cari vecchi liricisti. Quelli che spesso vengono emarginati per la loro pesantezza, come se fossero mattoni minimalisti Polacchi. Una reazione comprensibile ma figlia di una concezione assai distorta della canzone. Nella musica degli ascoltatori però, non c’è una reazione giusta o sbagliata; c’è l’arte. Nelle canzoni di Carlo Corallo, l’arte sicuramente non manca e ci prenderemo una slide per dimostrarlo.
ESTRATTO DA “UN GABBIANO”
“Con l’affetto, sai, bisogna stare attenti,
prendere impegni senza rimorsi perché spesso i divorzi
sono senza ritegni e una bambina è una pallina a una partita di tennis
A rimbalzar da un genitore all’altro e magari a pranzo, uno ti compra il pane e l’altro il cioccolato così non ti riesci mai a saziare ma impari a cucinare prima di ogni tuo coetaneo,
è scontato”
OASI
Il “progetto” Corallo, e mi scuso per il termine alienante da mercato della musica, è un’oasi nel deserto dell’Hip-hop italiano. È il talento indiscutibile che si impone su tutto.
È senza dubbio geniale, anche se non lo ammetterebbe. È gavetta, cultura e amore per le parole. Mi racconta, durante l’intervista, di come fosse solito assistere suo nonno nella scrittura di un romanzo. Allo stesso modo Carlo, sta aiutando la musica Italiana a scrivere un capitolo sincero, appassionato e, si spera lungo della sua storia.