Quest’ottobre ci ha regalato tantissime sorprese ed emozioni, che come ben sapete non sono affatto finite. In attesa di Info sul nostro TERZO cartaceo (grazie per chi ha partecipato al crowdfunding e a chi lo farà) e della DOPPIA SERATA di venerdì a Milano, gustatevi queste croccantissime newsss<
KO MIXTAPE – OKGIORGIO (@giu_liagrieco)
Con KO Mixtape, OKGIORGIO mette a segno un destro da maestro: tra energia urbana e riflessioni personali, l’album colpisce come un vero stordimento musicale: dritto, veloce, preciso. È un album che non fa sconti, ma neanche rumore per forza, vibra, affonda, si ferma.
L’ingresso è un gancio ben assestato: beat decisi, martellanti, suoni che si rincorrono, senza perdere di vista melodie più morbide e momenti quasi sospesi. Perché poi arriva la quiete, quella dopo il colpo. OKGIORGIO racconta «l’equilibrio tra la voglia di farsi sentire e la necessità di fermarsi», e lo fa con una maturità nuova: KO Mixtape non è un album solo per muovere la testa, ma per guardarsi dentro quando la musica si ferma.
Racconta la nostalgia di un’estate che finisce e il fantasma di quella leggerezza con synth e bassi profondi che avvolgono testi che parlano di attese, scatti improvvisi, scintille che durano un istante. Al terzo round si è già avvolti da una vulnerabilità sottile. “KO pausa”, “KO sento”, “KO soli”, ad esempio, raccontano l’incontro col silenzio dopo l’impatto quando ti rialzi, ancora stordito, ma più lucido. Un disco che non è solo da club: ci sono pause, riflessioni, e la sensazione che dietro il flow ci sia sempre una tensione, quel brivido che anticipa la risalita.
Il “knockout” di OKGIORGIO non è la caduta, ma il risveglio. È un colpo che non ti manda al tappeto: ti riporta in piedi, con un battito più forte, un respiro più pieno. KO Mixtape è un manifesto di resistenza emotiva, un invito a perdersi, cadere, e poi rialzarsi.
SALA PESI – HELLO MIMMI (@leaxs__)
HELLO MIMMI ci porta nella sua palestra emotiva dove sudore, pesi e battiti accelerati diventano una metafora di allenamento interiore: non si tratta di fare muscoli ma di imparare a restare in piedi quando i pensieri diventano troppo pesanti. La metafora della palestra è usata per raccontare la fatica quotidiana di restare in forma anche quando si è un po’ a pezzi, ironia e verità si alternano, ogni battito e respiro è un piccolo atto di resistenza contro la testa che pesa più del corpo. C’è la consapevolezza di chi conosce le proprie vulnerabilità e sceglie di raccontarle senza filtri, trasformandole in qualcosa di condivisibile.
Synth compressi e bassi che pulsano come un battito accelerato dove ogni suono sembra muoversi in un universo glitchato, esplosioni sonore e pause sospese rendono il brano un respiro ritmato tra tensione e quiete. La voce diventa uno strumento dove autotune e layering costruiscono un effetto ipnotico che amplificano il messaggio. HELLO MIMMI porta un messaggio specifico: hyperpop come spazio di libertà e leggerezza.
SALA PESI è il pezzo perfetto per chi non ha capito se sta vincendo o se sta ancora sopravvivendo, ma invece di fermarsi ad analizzare troppo il risultato ci si lascia trasportare da ciò che accade, trovando momenti di libertà in mezzo al caos. Crescere non è un percorso lineare, ma un allenamento costante, fatto di cadute e nuovi inizi dove è meglio affrontare questo workout con la musica nelle orecchie!
QUESTIONE DI VIBE – WEMME FLOW (@camillaiann)
Il nuovo singolo di WEMME FLOW si presenta impulsivo e carico di energia, con un flow desideroso di scoprire ciò che sarà, ma consapevole della necessità di cogliere l’attimo. La collaborazione con ZENIT e SINA amplifica questa ambivalenza, rendendo il brano più dinamico e capace di riflettere l’incertezza di quando si tratta di una Questione di Vibes.
Le parole scorrono in modo organico, come se tirarle fuori fosse una necessità, mentre WEMME si fa spazio tra paranoie e soddisfazioni. “Scrivo di getto” ammette chiaramente, più che una traccia QUESTIONE DI VIBE è un tentativo di redenzione. Gli attimi scorrono veloci e serve coraggio per stare al passo con la vita, ma l’energia del rapper riesce chiaramente a tenerle testa.
Il loop di chitarre acustiche sorregge un flow che, spavaldo, racconta di una situazione convoluta e delicata. Forse cogliere l’attimo è rischioso, ma Wemme ci ricorda che può valerne la pena.
@gabriele – sono pensieri ( miei) – (@cecinestpasandrea)
Se oggi mi chiedessero chi rappresenta il linguaggio emotivo della nuova generazione, direi @gabriele. @ pensieri miei è un EP che apre e ricuce ferite. Ha la densità di qualcosa che viene dal profondo di una soggettività ma che è destinato a diventare una traccia di memoria collettiva. Piano che si incrina, elettronica che vibra come un impulso nervoso. La voce che continua a dichiararsi: io sono gabriele. Non per egocentrismo, ma per paura di sparire, per trattenersi ancora un secondo nel presente. I temi sono quelli delle emozioni che arrivano prima di essere linguaggio: le persone che si perdono, gli amici che cambiano città, l’amore che si rovescia, la morte come immagine limpida e spaventosa, il pensiero di valere solo quando manca qualcosa. La trasparenza come condizione possibile. Il sentirsi guardati e mai visti. C’è una linea che torna, in ogni traccia: il desiderio di essere ricordato – solo ricordato. Come si ricorda il tono della voce di qualcuno che non c’è più. @gabriele canta la paura di non ricevere più bene, ma anche quella di darne troppo. C’è la figura della nonna come ultimo porto stabile. C’è Milano come luogo che inghiotte. Ci sono relazioni che sembrano carezze un giorno e fantasmi il giorno dopo. Ci sono parole che diventano glitch – io, io, io – perché la mente quando ha troppo dolore si frammenta e ripete. Il titolo è dichiarazione onesta: sono pensieri ( miei), ma ciò che arriva è universale. È la confessione prima che diventi racconto. È un disco che non lascia soli, ma costruisce un luogo dove è impossibile mentire. Un luogo che è @gabriele e che ci resta dentro.
REFO – SALOPETTE BOYZ – (@jacopoarcagni)
L’Italia sta vivendo un periodo particolarmente florido dal punto di vista della musica elettronica e REFO, con la sua ultima uscita, conferma questo trend positivo. SALOPETTE BOYZ non è un album lungo, nonostante ciò in sei tracce (per circa 21 minuti di musica) riesce ad esprimere diverse sfumature del progetto dell’artista tra UK garage, clubbing e un’ironia di fondo onnipresente.
Nella tracklist si possono notare alcune analogie tra canzoni e declinazioni dello stile di REFO: DÆI e A CAZZOTTI, sebbene presentino una costruzione diversa dei brani, restituiscono un mood generale che è riconducibile al mondo dei videogiochi (d’altronde, riguardo A CAZZOTTI, l’artista ci racconta che una delle reference è Crazy Frog… crazy). IL PHISCHIATORE e SIGNORE & SIGNORI… invece raccontano un’atmosfera da club, con una cassa dritta più pronunciata e sonorità più ballabili. Andando veloce su POGOBANG, traccia più “silly” che spezza il ritmo dell’album e, a mio avviso, forse la più debole della tracklist, meritano un discorso a parte TRANSENNA BOYZ (con GIMA, unica collaborazione di SALOPETTE BOYZ) e HANGOVER. Il primo è forse il brano più particolare del progetto: nonostante permanga il ritmo incalzante che accompagna tutto l’album, certi elementi come la voce avvolgente (e un po’ sotto la base) di GIMA e il sound design dei vari suoni della traccia competono a rendere TRANSENNA BOYZ molto più fluido degli altri brani, restituendo una vibe quasi psichedelica. HANGOVER, dall’altra parte, è costruita su più piani: è forse la più hard del disco, un po’ il banger con dei kick che farebbero muovere anche una quercia millenaria; fa anche da summa di ciò che abbiamo ascoltato finora, mettendo insieme la cassa dritta del club, la ricerca musicale dello sperimentalismo e il suo stile sfacciatamente ironico. Questi aspetti, li ritroviamo soprattutto nella melodia/assolo/improvvisazione, con questo suono assimilabile a quello che farebbe una tromba suonata solo con il bocchino.
SALOPETTE BOYZ, per concludere, ritengo rispecchi fedelmente il percorso che Refo sta intraprendendo nel mondo della musica, tra set che fanno ballare, sperimentazione del suo sound e una leggerezza ironica che sa di presa a bene.
PANOPTICON – CALEYDO E BASSI MAESTRO (@FRAPICTA)
Nel 1971, Bentham definisce il Panopticon come modello di carcere ideale, perché fondato sulla presenza di un potere apparentemente invisibile, di cui non conosciamo le azioni, né tantomeno i fini. Caleydo ce lo propone come metafora dell’oggi, battezzando così il suo nuovo lavoro e utilizzandolo come strumento attento di critica verso una società caratterizzata dall’osservazione latente e dal giudizio silenzioso.
Ne risultano dieci tracce legate in modo inscindibile, ma tutte degne di vita propria: Bassi Maestro, alle produzioni, dona un sound che non nega all’hip hop del secolo scorso qualche sfumatura di new wave, e che non ha nemmeno paura di incontrarsi con i maestri del cantautorato italiano (vedi Gino Paoli in GP e Lucio Dalla nel campionamento di Liberi) o della nuova scuola rap (vedi Willie Peyote, in La Grande Città). L’unione di più mondi musicali diventa metafora stessa della collaborazione intergenerazionale tra Caleydo e Bassi, i quali, ognuno a suo modo, scrivono ancora un pezzo di storia della musica italiana, e lo fanno con le loro regole.
EUROCLUB – MOVE ME (@flouryne)
Senza farci smettere di ballare gli EUROCLUB ci trascinano col nuovo brano MOVE ME. Su una montagna russa di suoni, fra sample old school e bassi prepotenti, MOVE ME è un altro tassello della nuova ondata di stile che stanno portando gli EUROCLUB.
Move me è un altro di quei brani che non ci fa smettere di credere che questa sia la strada giusta, e si inserisce in una discografia ancor più ricca. Gli Euroclub forse stanno tracciando una strada, in fondo dopo aver fatto fronte comune, alcuni dei migliori dj nuove leve hanno dato vita a questo progetto dalle tante mani.
In Move me si respira un’aria da 2000, quei synth che sembrano uscire a tutto volume dalla stanza di un millennial. Al contempo è capace di cambiare in corso, aumentando sempre più il crescendo di emozioni. Che questi siano singoli che anticipano l’uscita di un vero e proprio lavoro omogeneo, non possiamo dirlo, ma ce lo auguriamo.
SOFT BOYS CLUB – CAMPIONI (@niedri.g)
“La tua passione è andare al mare / Perché devi anche prenderti male / Per un lavoro in città”
“CAMPIONI” è un vero schiaffo morale, di quelli che ti svegliano.
Fin dal titolo gioca con quell’idea tossica secondo la quale dobbiamo essere sempre performanti, sempre vincenti, sempre “in forma” per meritare qualcosa.
Il pezzo accende lo scontro tra la voce interiore che ti spinge a correre e quella che, stanca, risponde: “non voglio fare niente”.
In tre minuti i SOFT BOYS CLUB smontano la retorica della competizione. Parlano di un mondo che misura tutto in quantità — di lavoro, di risultati — ma che alla fine lascia solo vuoti più grandi. “Non produco e non consumo” suona come una dichiarazione politica, fermissima nella sua presa di posizione, anche se nasce dal disagio.
Siamo invitati a smontare la trappola culturale che ci fa credere che valiamo solo se vinciamo: “La competizione è un’invenzione”.
“Tua madre ti vuole bene, anche se non sei un campione”: una carezza spietata a questa società del merito, un abbraccio ai fuori gioco.
“CAMPIONI” non urla, ma pesa. È un brano che ti permette di riconoscerti in quella stanchezza, in quella rinuncia al mito della vittoria.
Essere campioni, forse, significa proprio avere il coraggio di fermarsi.
FA;FO – GENERIC ANIMAL ft. DEVIN YÜ (@fra.angelone)
Il nuovo brano di GENERIC ANIMAL è un preludio di qualcosa di grande, un progetto in tutti i sensi del termine. FA;FO fa da apripista per un futuro progetto e un tour sempre in collaborazione con DEVIN YÜ, chitarrista e cantante della band math rock “Delta Sleep”. Il pezzo è definibile come un esercizio di stile e coesione tra i due artisti per prepararsi a quello che verrà, senza venir meno ad una comunicazione chiara e un racconto ricco di significato. Un inno a una rilettura leggera e giovanile di se stessi, per ritrovare la felicità di scoprire il mondo in modo spensierato.
FA;FO porta avanti messaggi intimi e intensi come la crescita, il viaggio e il ricordo. Uno slancio verso il futuro e il cambiamento, attraverso il riconoscimento delle proprie forze. Oltre a questo, il brano ci porta a riflettere sull’importanza di lati della propria personalità che spesso vengono definiti negativi, come detto nel testo: “non voglio perdere […] quel poco di arroganza guadagnata”, per farci comprendere quanto siano vitali per vivere e sopravvivere.
Di grande importanza nella struttura del brano è il richiamo alla vita infantile e alle delusioni che ci rendono ciò che siamo. GENERIC ANIMAL fa riferimento alle “botte”, interiori ed esteriori, ricevute da bambino. Una caduta in bici o uno schiaffo ricevuto da una suora.
Durante l’ascolto del brano si nota il lavoro di gruppo fatto sulla base e soprattutto si sente l’importanza degli strumenti acustici. La chitarra, a cui viene aggiunto una forte risonanza, si dona molto al concept complessivo del brano. La produzione, sia musicale che vocale, è intensa e ben studiata. Si capisce che i due artisti abbiano un legame, lavorativo e non, profondo e solido. Infatti i due hanno condiviso il palco già nel 2016, quando la band, di cui faceva parte GENERIC ANIMAL, “Leute” seguì il tour italiano della band di DEVIN YÜ. Da quel momento è nata una grande collaborazione tra i due che li ha spinti a lavorare insieme su un progetto in comune, tanta nuova musica e soprattutto un tour, che inizierà a Novembre, in giro per l’Italia.
MECNA – LA STESSA CANZONE (@kimo.jpg__)
Lo scorso martedì MECNA ha pubblicato a sorpresa il suo nuovo singolo “LA STESSA CANZONE” – ultimo estratto dell’album “DISCORDIA, ARMONIA E ALTRI STATI D’ANIMO” in uscita questo venerdì. “LA STESSA CANZONE” sembra una maledizione senza via d’uscita perché fin dal primo ascolto riesce nel suo scopo; immergerti emotivamente e farti vivere in un loop dove l’amore diventa un sentimento senza neanche più un volto ma capace di farti rimanere comunque sperduto all’interno di un labirinto di emozioni. La fine di un rapporto, di una relazione ci lascia sempre legati indissolubilmente con l’altra parte nonostante il tempo, le nuove storie e i giri infiniti che facciamo nelle nostre vite. Esiste un sottile filo che rimane quasi invariato e sospeso nel tempo, sottilissimo e impercettibile, eppure capace di resistere al passare del tempo senza spezzarsi mai. Perché quello che si condivide con qualcun altro finisce per diventare anche specchio di noi stessi – momenti indimenticabili che finiscono per diventare invariati e indipendenti dalla persona per la quale sono nati. Il brano ritrova “il vecchio amico” Lvnar nella produzione ed infatti “LA STESSA CANZONE” riprende infatti a livello musicale il meglio del MECNA degli ultimi anni: con una produzione morbida, con una malinconia latente di sottofondo con percussioni e strumenti leggeri che accompagnano la voce di Mecna per tutto il brano- tranne nella parte finale dove prende il sopravvento nell’ outro che non vediamo l’ora di sentire di ascoltare dal vivo. Ma l’elemento predominante è sicuramente il testo e MECNA in questo nuovo progetto sembra aver messo i sentimenti e l’onestà davanti a tutto, la scrittura del brano non ha bisogno di voli pindarici e parafrasi per essere compresa perché punta direttamente a colpire l’animo umano con scene e immagini che ci accomunano un po’ tutti – una scelta coerente con la piena maturità artistica e riscoperta personale raggiunte da Mecna. “LA STESSA CANZONE” è al contempo dolce ma triste, speranzosa ma piena di rimpianti e il loop emotivo del brano si ritrova anche nella struttura dove le strofe finiscono per spegnersi nel ritornello sempre uguale e ipnotico che finisce per assorbire nell’ascolto. “Sembra una maledizione senza via d’uscita / Come la stessa canzone per tutta la vita” una barra che simboleggia in poche parole tutte le emozioni e le volontà dell’artista. Ma non possiamo giurarci di non provare più certi sentimenti per quanto sbagliati, immersi nel rancore o schiariti dal tempo: non possiamo nasconderci da noi stessi, perché la nostra consapevolezza non ci lascia mai.
ANNALAURA – LONG NIGHT (@kimo.jpg__)
Lo scorso venerdì è stata la nottata più lunga della vita di ANNALAURA – artista napoletana al suo esordio discografico dopo mesi di esperimenti, remix, bozze e cover. Conosciuta in passato anche come NLR – adesso “ANNALAURA” iscrive ufficialmente (e finalmente) il suo nome nella scena e lo fa con brano figlio del suo background passato e i suoi ascolti. “LONG NIGHT” – nonostante il titolo in inglese, che richiama il respiro internazionale del progetto sia per sonorità che per estetica – è un brano con il testo totalmente in napoletano, una scelta di appartenenza che al contempo diventa stilisticamente l’ideale per iniziare a definire l’identità musicale di ANNALAURA. Le sonorità di questo primo brano sono fortemente R&B ma non mancano anche sfumature pop che le permettono di esprimere pienamente la sua vocalità nelle note più alte e richiami quasi di musica elettronica nella produzione – curata da @schoolboyquais e @whizyboost.
Il brano affronta la sofferenza del perdere qualcuno, di un rapporto complicato che non trova la sua fine – neanche quella peggiore – e che finisce per lasciarti nei dubbi, nei pensieri scuri senza sonno e risposte.
Ma “LONG NIGHT” vuole rappresentare la libertà di potersi finalmente esprimere e farsi ascoltare, un brano pronto ad accompagnare tutte le persone che nel corso della loro vita hanno affrontato (o lo stanno ancora facendo) delle notti lunghe, notti figlie dell’ansia, dei timori e dei “non sono abbastanza”. Un brano che cerca di far sentire ascoltati tutti, qualunque sia la preoccupazione che non ti fa chiudere occhio: che sia la casa, i soldi, la famiglia, l’amore, la musica o il passare un colloquio. Perché come si dice a Napoli alla fine “Ha da passà ‘a nuttata”.
LEATHERETTE – HEY THERE (@capitanossa)
E con un’impertinente pioggia di calde note di basso elettrico ecco che vede la luce ‘HEY THERE’, il nuovo singolo dei LEATHERETTE.
Nel panorama musicale, quando si scelgono i brani più adatti per estrarli da disco e renderli dei singoli, si è soliti optare per quelli più orecchiabili ed esemplari del sound dell’artista in questione, ed è proprio tenendo a mente questa regola non scritta che la scelta di ‘HEY THERE’, un tranquillo brano di accompagnamento, dal sound prepotentemente minimalista, ci sembra così singolare, ma in senso positivo.
Si può dire che il pezzo in questione sia un tenue accompagnamento proprio per la road to uscita del disco, che proprio in questa occasione i LEATHERETTE han voluto rivelarci.
Tornando a parlare del brano, possiamo dire che ‘HEY THERE’ è un perfetto esempio di sperimentazione elegante, una voglia di giocare con il suono senza coinvolgere per forza chissà quale stranezza acida o elettronica, ma suoni semplici, uno schizzo a matita disegnato sul foglio bianco dell’incalzante linea di basso principale, decorato con i suoni della chitarra acustica e impreziosito da una furtiva presenza del sassofono, con un cantato molto raccolto, che sembra più una narrazione ritmica che una melodia.
Cos’altro possiamo aggiungere, se non che siamo curiosissimi di ascoltare il ‘Ritmo Lento’ , il disco dei LEATHERETTE che sarà fuori il 28 novembre, e che con queste premesse si preannuncia la perfetta colonna sonora per questo autunno 2025.
Buon ascolto!
RETTILE – GIOVANNI TI AMO (@alberto.rogano)
“RETTILE” è il ritorno di Giovanni Ti Amo, un nuovo tassello del percorso iniziato con “Cambiare per te”, pubblicato lo scorso venerdì per Pulp Music e Island Records.
Il brano gira intorno a una metafora chiave di una condizione esistenziale provata dall’artista: sentirsi bloccati di fronte all’amore è come sentirsi un rettile immobile sotto il sole, fermo in un equilibrio fragile che osserva il mondo attorno a sé spaventato. L’artista riconosce di non essere capace di comportarsi così, bensì di essere il primo pronto a scappare all’incrocio degli occhi della persona amata, il sole caldo che lo scalda nel cuore.
La malinconia espressa dal testo si contrappone alle sonorità leggere e solari che richiamano un’atmosfera calda ed estiva. La tensione provata dall’artista viene rotta dal ritmo incalzante e dalle batterie di John Squillante. La produzione del brano è in collaborazione a Joe Croci e sembra incanalare la nuova chiave della narrativa di Giovanni Ti Amo, emozioni e fragilità su un tappeto sonoro delicato ma vivace, acceso ma cupo.
MACELLO – TILT (@brusilre99)
Avevamo già ascoltato in anteprima il nuovo singolo di MACELLO alla nostra ultima serata SIAMO STEP-UP a Milano, e, con un’atmosfera incredibile, ha fatto una grande esibizione con “TILT”, la sua ultima uscita legata al brano precedente “DDW”. Con una voce sempre più intensa e graffiante, MACELLO sputa fatti scomodi, in preda a uno stato di forte alterazione, fino a che, verso la conclusione del brano, si manifesta un flashback di quando era insieme a Pitta e 18K sul divano. Con totale lucidità, ricorda che senza di loro non avrebbe potuto vivere le esperienze che lo hanno condotto fino a questo punto e che continueranno a essere parte integrante del suo futuro. Con gratitudine sincera, cita i loro nomi e li ringrazia di cuore, come è successo sul palco insieme a tutte quelle persone la scorsa sera: un momento indescrivibile. Si potrebbe pensare a un nuovo EP di MACELLO a breve, dato che le ultime uscite avevano tematiche e sonorità ben precise e legate tra loro, ma non è ancora stato annunciato nulla dall’artista.
