Settimana delle stelle qui!!!
Questo sabato 17 maggio abbiamo il nostro primo release party di ORTO a MI al PIANO ZERO in collaborazione con @sottoboscohub!
Vi aspettiamo in numerosi <3
Intanto NEWS DELLA SETTIMANA!! Così da prepararci ai prossimi orticelli 🌿
LIBERATO – VIENNARÌ (@flouryne)
Uno scatto di un’analogica racconta la Napoli moderna, tra festa, amore e peccato: VIENNARÌ di LIBERATO è ora fuori.
Fra gli scatti di una pellicola da sviluppare, aleggiano nostalgia e negazione. In una città dai mille volti ci si vuol perdere, con la speranza di non incontrarne proprio uno, proprio quel volto. VIENNARÌ è la tensione del non-incontro, del desiderio e della passione, un altro magnifico racconto di LIBERATO.
In una pellicola dal sapore un po’ vintage, fatta di amore, odio e nostalgia, Liberato tesse le storie più disparate. Ogni brano racconta di uno dei tanti fili invisibili che si intrecciano e uniscono le vite di tanti. In una Napoli che gli fa da cornice, ma anche da specchio, dà vita alle sensazioni più carnali dell’amore.
Attraverso l’occhio di Francesco Lettieri, riesce a raccontare di tutti i peccati, da quelli veniali a quelli taciuti. Le vie del peccato sono infinite.
VIENNARÌ traccia la storia di un incontro che non deve accadere, che non vuole “essere”. Nel videoclip, ambientato in un venerdì tra locali e lampioni di strada, l’amore asfissiante lascia spazio all’amore carnale e vizioso di una singola sera.
Liberato anche questa volta non ha distolto gli occhi dalla realtà delle strade, dai sentimenti più reali e dall’amore, né dal modo in cui esso pervade tutto. Chissà se, dopo l’ultimo progetto “Liberato III” e questo singolo, ci riserverà altro prima della fine dell’anno.
chaze – insegui (@mattia_pirrone)
Classe 2003 e un cuore spezzato: chaze arriva con un singolo che lascia il segno, “insegui”, composto da due tracce: “soffio” e “con me”. Due pezzi che si muovono tra la malinconia e la voglia di evadere, uniti da un sound elettronico che sa tanto di club quanto di silenzi interiori.
“soffio” è un flusso di coscienza etereo, tutto giocato su immagini delicate: “mi è rimasto un soffio, un respiro lento”, canta Chaze, tra synth sospesi e ritmi che sembrano trattenere il fiato. Il testo è breve, ma lascia spazio al suono e al mood: è come un ricordo che riaffiora tra le luci stroboscopiche di una pista vuota.
“con me”, come “soffio”, si basa su un loop emotivo di frasi che si ripetono, che si rincorrono, come se il protagonista cercasse disperatamente di aggrapparsi a qualcosa che non c’è più. “Parlami, ho visto che volevi andartene” diventa un mantra, mentre il beat pulsa sotto pelle. Il ritornello ossessivo e i synth trasformano la sofferenza in danza.
Il risultato è un contrasto affascinante, una vera e propria musica da ballare con una lacrima, dove la malinconia non spegne il corpo, ma lo muove.
Con “insegui”, chaze ci mette di fronte a una nuova forma di ballad contemporanea, fatta di elettronica emotiva e testi essenziali. Un artista giovanissimo, ma già capace di creare uno spazio tutto suo, tra introspezione e vibes da club.
REA – FUTURO DIRIGIBILE (@cecinestpasandrea)
In Futuro Dirigibile c’è il coraggio dolce di chi ha scelto di esserci, senza sapere fino in fondo dove andrà. Una poetica della presenza, più che della destinazione. Un disco che galleggia sull’orizzonte, passante e intenso, come qualcosa che hai già sognato prima ancora di ascoltarlo. È difficile parlare di un disco d’esordio senza ricorrere alla retorica del “promettente”. Ma Rea — Maria Mircea, classe 2003 — promette bene. Futuro Dirigibile suona come qualcosa di sospeso, come quei pomeriggi in cui il tempo pare non avanzare, eppure succede tutto.
Le otto tracce lavorano per sottrazione, in una metrica che predilige il dettaglio all’urgenza. In “Cielo Aperto” – uno dei primi singoli – c’è già tutto: il respiro, lo sguardo verso l’alto, una specie di accettazione gentile del vuoto. In “Città Vuota”, al contrario, c’è la voce che si fa strada tra i resti di qualcosa che non c’è più. Eppure non si avverte mai il bisogno di riempire, di spiegare. Rea scrive — e canta — come chi ha capito che non si può dire tutto, e che forse è proprio in quel che manca che abita il significato.
Non so se sia giusto parlare di malinconia, perché quella di Rea non è tristezza. È piuttosto un’attitudine all’ascolto del fragile. È la consapevolezza che le cose più belle — come un dirigibile — si muovono in aria solo finché non ne pretendiamo il controllo. Ciò che colpisce è la compostezza: nella voce, negli arrangiamenti, perfino nella scelta delle parole. Non c’è mai un’intonazione sopra le righe, nessun eccesso. Solo canzoni che si tengono in equilibrio tra terra e cielo, tra quello che si è già vissuto e quello che ancora non si sa nominare.
Alla fine dell’ascolto, non lascia che una scia, una domanda: siamo ancora capaci di credere in qualcosa che non si muove per forza veloce?
fuckpietro – Nuova Pace (@alissgarlata)
Classe 2004, produttore perugino, fuckpietro è uno di quei nomi che forse suona nuovi, ma bastano pochi secondi per capire che ha già tanto da dire. La sua formazione musicale è solida, professionale, con un gusto raffinato che affonda le radici nel jazz, ma viene sporcato con l’hip hop old school, portando uno stile riconoscibile.
Nuova Pace è un disco collettivo, un viaggio lungo quattordici featuring che attraversano l’Italia da nord a sud, e sei musicisti professionisti che portano dentro il cuore pulsante di Perugia — capitale del jazz italiano. Un progetto ambizioso, pubblicato da Payback Records e sant’elena dischi, che mette insieme voci e suoni diversi: Egreen, Ugo Crepa, Lauryyn, ggiovanni, Roy Zen, Michael Sorriso, Unblasfemo, Chyky, Faax, Effe Kappa, Nesh, Gio Fog, Nibiriv e Trape.
Ad aprire e chiudere l’album ci sono Intro e Outro, due pure dichiarazioni d’amore per il jazz. Qui fuckpietro si prende il tempo di far parlare gli strumenti, mescolando vibrazioni e melodie in un dialogo musicale intenso e autentico. Il resto dei brani spazia tra vari generi: hip hop old school, lo-fi, r’n’b e rap di quartiere.
Con Nuova Pace, fuckpietro ci regala un progetto denso, stratificato. Un disco che suona sincero, con la testa sulle spalle e l’anima in ogni traccia.
HELMI, SAYF – 2TRAP (@angelicatartaglia)
Questo weekend “On fait du trap” insieme a due dei rapper più in voga del momento: Helmi Sa7bi, ora solo Helmi, e Sayf, all’anagrafe Adam Sayf Viacava, entrambi membri del collettivo Genovarabe.
La coppia italo-tunisina di Genova ci spettina con un banger dal titolo “2TRAP”, brano che probabilmente sentiremo molto presto a tutto volume nei club.
Il ritornello in francese, su un beat puramente trap, rende la traccia molto accattivante e difficile da togliere dalla testa. La sinergia dei due rapper è evidente, i loro flow si fondono sulla base, senza alcuno sforzo.
Un duo grintoso come questo non passa certo inosservato. Abbiamo visto anche dai progetti precedenti che Helmi e Sayf hanno ormai spiccato il volo e sono sempre più determinati a conquistarsi il proprio spazio e la propria visibilità.
GIOIA LUCIA – FORSE UN GIORNO ALBUM (@surprisinglymeowmeow)
“FORSE UN GIORNO”.
Una frase senza una conclusione, senza un contesto preciso, a cui forse siamo noi a dover dare un significato. Il nuovo album di GIOIA LUCIA si distingue per il suo carattere introspettivo, ma contemporaneamente con note di lucida leggerezza.
Un progetto che appare impulsivo — e per questo ancora più autentico, vivo — che ti rapisce dal primo ascolto.
Le sonorità sono varie, come se ci fosse una canzone per ogni stato d’animo e per ogni lezione imparata. Tutte, però, vogliono farti cantare: una urlando, l’altra riflettendo. Non possiamo mettere un’etichetta a un genere musicale, e non ci interessa neanche farlo. Gioia Lucia si esprime con una versatilità che possiamo solo amare.
Ogni brano ha un groviglio confuso di emozioni che si sovrappongono: accettazione, rassegnazione, rabbia, felicità, amore, speranza. Il filo che unisce tutto è proprio il desiderio di provare questi sentimenti così diversi per sentirci vivi, in un lungo viaggio con un meta mai del tutto definita e dalle mille variabili.
L’album è un flusso di pensieri, esperienze vissute, sogni e possibilità. La consapevolezza emotiva dell’artista colpisce come un mattone, o forse più come del “vento in faccia” che ci detesta dalla pesantezza di tutti i giorni.
KETAMA126 – 33 (@brusilre99)
Torna sulla scena KETAMA126, dopo il suo ultimo singolo “caciara” uscito a gennaio, che anticipava l’uscita del suo nuovo album. In occasione del suo 33° compleanno ha annunciato la tracklist e l’uscita del nuovo brano “33”, che sarà poi il titolo dell’album. Questa traccia rappresenta quindi il fulcro del nuovo progetto, incentrato sulla storia dell’artista e la sua crescita personale, con suoni e melodie che rimandano alla cultura tradizionale romana, mixando anche barre rap alla samba per bilanciare un ritornello cantato in stile 126. Possiamo dunque aspettarci grandi emozioni da questo nuovo album in uscita il 23 maggio per la grinta e la musicalità di “33”
NOTTURNO – STUDIO MURENA (@frapicta)
Notturno, il nuovo lavoro degli Studio Murena, è un album che fa respirare – una visione buia su cui costruire un’immagine.
Nato tra le terre del Piemonte nel corso degli ultimi due anni, si rivela essere un racconto personale, svuotato di inutili linguaggi performativi: a tratti lieve, come in Nostalgia con Fabrizio Bosso e Vai Via con Rodrigo D’Erasmo, a tratti rabbioso, come nei due feat con Willie Peyote e Mezzosangue, rispettivamente in Tunnel e Fuori Luogo.
Il titolo è suggestivo: Notturno per richiamare uno stato mentale in cui l’ascoltatore può cullarsi tra sogno e realtà, tra consapevolezza e illusione, in un tempo che sembra non finire.
La commistione rap-funk-elettronico degli Studio Murena è ancora ben presente, e ci rassicura sul fatto che questo album suonerà magistralmente anche dal vivo.
MINISTRI – BUUUM (@capitanossa)
‘Mostri grandi come grattacieli fanno a pezzi
grattacieli grandi come mostri’.
‘E poi fa BUUUM’. Nonostante i più di vent’anni di carriera sul groppone, i MINISTRI restano una garanzia, e non perdono – nemmeno per scherzo – la forza di continuare a fare BUUUM.
Il nuovo singolo della band lombarda arriva veloce come un proiettile di fulmini, aggressivo ma pulito e classico come nello stile alternative rock che il gruppo ha proposto per poi affinare nel corso degli anni.
Due minuti e quarantanove secondi di adrenalina pura. Un sound che strizza l’occhio al glorioso rock alternativo dei primi 2000, che non stonerebbe affatto come opening theme dell’anime più schizzato del mondo.
Tutto è rimasto com’era. Negli immensi cambiamenti degli ultimi vent’anni la solidità del sound dei MINISTRI ne è la prova. La scena rock anni 2000, italiana e internazionale, è stata un vera e propria ondata di tesori, tutt’oggi da scoprire, nonostante qualche boomer di troppo avesse storto il naso ai tempi. Eppure siamo qui, con la voce graffiante e le linee di basso maledette di Divi Autelitano, le formidabili schitarrate di Dragogna, che in questo pezzo somigliano tanto a scariche elettriche messe in musica, e alle incessanti percussioni Michele Esposito, uno dei più riconosciuti mastri batteristi della scena rock italiana.
‘Neri cieli neri ma nessuna esplosione
Aspetto di veder qualcosa crollare
E se non ci danno neanche questa soddisfazione
Vedrai che un giorno uno lo trova il suo coraggio’
La band tramite i social ha lasciato presagire con pochi dubbi di essere al lavoro su un nuovo album, a tre anni di distanza dal precedente, e se questo è l’assaggio, non vediamo l’ora di provare tutta la portata.
22SIMBA – V PER VENTIDUE (@niedri.g)
“Vedo il mondo per la prima volta a ventidue”.
“V PER VENTIDUE” è il manifesto crudo e lucido di chi sa cosa vuol dire crescere con i pugni stretti e le cicatrici fresche.
22SIMBA ci lascia delle confessioni, più che semplici canzoni. Questo album trasuda consapevolezza e fame: la fame che resta anche quando arrivano i soldi, perché non si nutre con i numeri, ma con delle risposte concrete.
“V per Ventidue”, la title track, è un’introduzione feroce e sfrontata: è un manifesto identitario che riassume il tono crudo dell’intero progetto.
“Non lo faccio per vendetta, quindi “V” è per venti (Due) […] / Da un passato borderline a vedere ‘sto skyline ti spaventi”.
Ogni traccia è una pagina di diario: “Proteggimi” è un grido per restare integro in mezzo al caos. Il ritornello è una preghiera laica che resta: “Proteggimi dagli infami che mi vogliono soltanto male / Dagli sbagli che, so bene, ancora devo fare / Dalle ingiustizie in cui mi metteranno in mezzo gli altri / Dalle mazzate che devo ancora prendere e dare / Che i fallimenti non spezzino l’ambizione / Che le serate non perdano la ragione / E se un domani, sì, io diverrò leggenda / Sia per l’esempio dato, non per la lezione”.
“Tipo Tossico” è un autoritratto sincero, dove la fragilità è più forte di qualsiasi maschera. In “Complicità” si cercano legami veri in un mondo in cui tutto è consumabile, anche le persone. “Primo Tour” con Medy è il ricordo dolce-amaro del primo sogno realizzato, che non basta mai a cancellare tutto il resto. “Per I Roiz 3” dà voce alla ricerca di un’identità tra le ombre della periferia e la luce abbagliante del denaro. “No Retail” rappresenta il rifiuto del conformismo e delle convenzioni imposte: Simba sputa fuori il peso della provincia, della marginalità. Il “retail” in questo caso è metafora del mainstream, della musica e delle vite preconfezionate per soddisfare il mercato.
“Opel”, brano fondamentale per il disco, un feat che va oltre i possibili accordi e che, anzi, per 22simba simboleggia un ritorno a quando esisteva solo Andrea, con le sue cuffiette e le strade di Saronno.
Le sue strofe parlano di trauma, di ambizione, di amore che diventa colpa, di madri che combattono guerre invisibili. Non cerca frasi a effetto: lascia le sue verità lì per tutti e chi ascolta ci si riconosce o ci si scontra.
“V per Ventidue” non è solo un album di esordio. È un primo testamento.
E ha già il sapore di qualcosa che resterà.
SELMI – LUCE (@giorgia.celentano)
Niccolò Selmi nasce nel 2001 a Lucca. Il suo cognome diventa nome d’arte per il suo mondo creativo musicale, rendendolo, così, pronto per comporre e superare ogni momento difficile. Ha debuttato nel 2022 con “Festa (ciao Principessa)” e ha pubblicato singoli come “Il Re cambia sempre”, “Scarico”, “Di noi”.
Nel 2023 ha partecipato poi a X Factor, arrivando ai live nel team di Morgan, presentando “Doccia Ghiaccia” e il suo primo EP “Perderci nell’attimo” a marzo 2024. Dopo una serie di brani lanciati a novembre 2024 è stato nominato tra i semifinalisti della categoria “Nuove Proposte” del Festival di Sanremo con il brano Forse Per Sempre, il primo pubblicato con Asian Fake/Warner Music Italy.
Torna con la pubblicazione di “Luce” il 9 maggio, dando una prosecuzione al suo percorso artistico appena lanciato.
Questa sera c’è la luna piena ed è ora di fare a schiaffi.
Non c’è alcuna paura dei vicoli bui, nessun tipo di timore verso i semafori rossi, nei riguardi del calar del sole. A tal proposito è profondamente cosciente dei futuri errori, dei prossimi drink, delle vecchie droghe.
“Non mi curo davvero”: il fiato ormai è diventato corto, le gengive sono rotte.
Fa finta che sia un martedì. Non sa più dove andare a sbattere la testa: vorrebbe un’isola deserta, libera…
“Ma tu che cosa fai?”
La notte è cieca e non sa dov’è che si nasconde o com’è che trascorre le ore più buie.
Questa oscurità illumina i pensieri e mantiene vivo il ricordo: “sembri fatta di vetro”.
Pare che il sole torni sempre per chi sa cercarlo.
“Ma se è buio vieni tu, che sei la mia più bella luce”.
RUMO – CI SIAMO PERSI (@cognomeproibito)
Incastrato tra futuri distopici, insetti spettrali e affetti aggrovigliati, RUMO tesse la trama di un lucido sogno dal chiaro contenuto latente: CI SIAMO PERSI. Con il suo rap apocalittico direttamente da Trieste, RUMO canta l’inno di battaglia di chi ha perso il bandolo della matassa e vuole solo cercare di capire il perché. In CI SIAMO PERSI il rap, misto al cantautorato, non è nient’altro che un mezzo per rispondere alla domanda: com’è stato possibile?
Se ‘Ghost in the Shell’ fosse stato girato in Italia, probabilmente l’ultimo album del nuovo rapper de La Tempesta Dischi sarebbe stato la colonna sonora perfetta. Le produzioni, curate dallo stesso RUMO e con il contributo di Pooli e Frank Lucas, strizzano l’occhio più volte durante l’album a sonorità cyberpunk. In brani come Lore, Maledetto e Mantidi, l’ascoltatore viene trascinato da un ritmo incalzante nell’avventura di chi, persosi in un labirinto, cerca disperatamente la via di fuga. All’interno dell’album troviamo però anche spazi sonori meno frenetici in cui, grazie a vere e proprie ballate, RUMO tenta di ricostruire i legami ormai persi della propria vita.
I testi si muovono agilmente tra tematiche diverse. Dagli affetti stretti del presente a quelli del passato, dagli amori irrisolti alle paranoie persistenti, con le sue parole RUMO cerca dare forma ad uno smarrimento generazionale. Tempo e spazio si incrociano in un presente cupo in cui diventa sempre più difficile ricostruire una chiara geografia sociale e individuale. Eppure, l’album non si risolve in un piagnisteo rivolto al passato, né in un insipido un tempo stavo meglio e ora non so più dove sono. Il disagio di RUMO non è fine a se stesso, ma un modo per trovare una via anche quando la bussola sembra non funzionare più.
Grandine – Jack Out (@cecinestpasandrea)
Nel paesaggio incerto della musica italiana, dove le mode scorrono più rapide della pioggia sui parabrezza, Grandine si muove al contrario, come un animale ferito che torna a casa seguendo l’odore del fieno bagnato.
Jack Out – classe 1995 – racconta una tempesta interiore con la stessa naturalezza con cui si descrive un paesaggio devastato dal maltempo: senza retorica, senza vittimismo, ma con l’occhio lucido di chi ha imparato a restare. Non è solo country: è una nostalgia che sa di sigarette bagnate, di sabato pomeriggio in provincia, di amori lasciati a marcire in una stanza troppo piccola.
C’è una chitarra elettrica che taglia come una lama sottile, e c’è una voce che non cerca redenzione, ma solo di sopravvivere alla prossima tempesta. Jack Out sembra prendere appunti da un’Italia laterale, rurale, stanca, e farne una ballata senza morale. Non cerca il riscatto, ma la dignità nei cocci.
La grandine, qui, non cade solo sul tetto: colpisce il cuore, e Jack Out la lascia entrare.
