«Mi prendo il mondo ovunque sia», la fotografia di Letizia Battaglia tra impegno civile e letteratura
Poiché ce ne andremo, lasciamo almeno un buon ricordo. Lasciamo, dunque, non averi ma pensieri e desideri. Essi sono le barche per i nostri discendenti. Se ne rendano conto o no, con essi navigheranno nel grande mare del tempo. Ed è là che noi saremo.
(M. Perriera, L’avvenire della memoria, 1976)
Letizia Battaglia ha chiuso gli occhi circa una settimana fa portando con sé uno sguardo attento e lucido dell’Italia e più in generale del mondo degli ultimi cinquant’anni.
Descrivere in poche parole l’esistenza di una donna così eccezionale e controversa non è semplice. L’immagine di un piccolo caschetto rosa, di una frangia precisa, spesso aperta a metà, e di una macchina fotografica appesa al collo sono alcuni dei negativi che si devono tenere in considerazione durante la lettura del testo Mi prendo il mondo ovunque sia. Una vita fotografata tra impegno civile e bellezza edito da Einaudi nel 2020. In questo libro vi è il racconto traslucido dell’impegnocivile, della persecuzione dei propri ideali, narrato in prima persona a cui sono state aggiunte le precise analisi di Sabrina Pisu, giornalista e collaboratrice di Skytg24.
Il titolo dell’opera trasporta il lettore oltre la superficie apparentetrasportandolo, come in un viaggio senza meta, alla ricerca di una verità spesso troppo filtrata dal tempo. Letizia dietro ad una macchina fotografica ha rappresentato molti degli avvenimenti più importanti della recente storia italiana. La sua fotografia, mai impostata, mai ritoccata racconta una penisola, e ancora più approfonditamente la Sicilia, nel periodo più caldo, quando la politica era strettamente legata alla mafia e il mondo toglieva gli occhiali per osservare per la prima volta cosa stesse accedendo in controluce.
Il suo rapporto con la macchina fotografica nasce relativamente tardi, a 34 anni, in particolare con la prima collaborazione estiva presso la redazione de «L’Ora» è una donna in un mondo prettamente maschile in quegli anni. Commenterà sempre la sua posizione con queste parole: «Quando c’era un morto ammazzato gli uomini delle forze dell’ordine mi bloccavano, non mi volevano lasciar passare, perché ero una donna mentre tutti gli altri fotografi e giornalisti passavano, allora mi mettevo a gridare perché dovevo passare, dovevo fare il mio lavoro, dovevo portare le mie fotografie.» Con questo spirito di iniziativa e di volontà Letizia Battaglia ha fotografato non solo corpi freddati dalla dura potenza della mafia, ma anche persone che avevano perso alcuni dei loro famigliari. Celebri furono anche le sue fotografie ad alcuni autori ed esponenti del grande panorama intellettuale. Letizia Battaglia ricorda con piacere alcuni degli scatti realizzati a coloro che lei chiamava gli Invincibili, un progetto nato tra il 2013 e il 2014 che ritraeva esponenti quali Pier Paolo Pasolini, Rosa Parks, Gabriele Basilico e il suo psicoanalista Francesco Corrao.
In questo libro traspare in superficie il senso di una costante ricerca che si può dire completata solo attraverso la macchina fotografica. La fotoreporter, infatti, descrive l’arco della sua vita ponendo sempre l’attenzione ai momenti felici, ma anche a quelli più dolorosi che spesso rimangono come frammenti pellicole indelebili nella sua mente: «Le foto che non ho mai fatto mi hanno fatto più male di quelle che ho fatto. Sono tutte dentro la mia testa.» Il viso di Paolo Borsellino durante i funerali di Falcone sono uno dei tanti momenti che non è mai riuscita a fotografare,ma che rimangono come pietre sulla coscienza. Tuttavia, una delle molte trame di questo testo, oltre all’impegno civile e alla volontà di rappresentare la collettività in tutte le sue forme, vi è un femminismo che traspare in superficie dalle sue parole. Il racconto lucido, misurato di una donna che ha combattuto con la sola potenza dell’iride identificando come una estensione del suo corpo la macchina fotografica, il simbolo di ciò che scaturiva dalla propria visione etica, civile, politica e artistica del mondo.
Alla fine del viaggio in questo libro, quando ogni frammento dell’archivio è stato raccontato ai nipoti, ai suoi seguaci, agli appassionati del mestiere, a chi voleva ascoltare appare Letizia con la sua voce, la sua potenza e la sua volontà di raccontare. In fondo forse il mondo Letizia non solo l’ha acciuffato con forza, ma l’ha pure fotografato: «Sono momenti concitati in cui non si può scegliere niente, si fotografa quello che si può, si fotografa seguendo l’istinto.»